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Monte ore formazione obbligatoria? In orario di servizio o si paga (e non con gli spiccioli)

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Sull’obbligo di un monte ore minimo per la formazione in servizio degli insegnanti, adesso il ministro Lucia Azzolina ci riprova.

A seguito dell’approvazione della legge 107/2015 (“Buona scuola”, …si fa per dire!) il Miur, con Stefania Giannini ministro dell’istruzione nel governo Renzi, aveva già provato a fissare un monte ore obbligatorio attraverso cinque unità formative da 25 ore per un totale di 125 ore nel triennio. In seguito alla ferma opposizione delle organizzazioni sindacali (visto anche che si trattava di una “pretesa a costo zero”!) tale proposta è stata ritirata e non è presente nel Piano nazionale di formazione successivamente rivisto.

Nessun monte orario minimo per la formazione in servizio. Le prerogative del Collegio docenti

Così, in seguito, nella nota n. 2915 del 15 settembre 2016, il Miur aveva precisato che “il principio della obbligatorietà della formazione in servizio” va inteso “come impegno e responsabilità professionale di ogni docente” e che “l’obbligatorietà non si traduce, quindi, automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del Piano”. Non esiste dunque nessun monte orario obbligatorio.

Nella suddetta nota si parla anche di “definizione e finanziamento di un piano nazionale triennale per la formazione”. Come ribadito dalla più recente nota n. 25134/2017, l’obbligo non è quello di conseguire un numero predefinito di ore durante un determinato periodo di tempo, quanto invece quello di rispettare il contenuto del Piano per la formazione degli insegnanti.

Le attività formative rivolte ai docenti sono infatti inserite nel Piano formativo d’istituto che è parte integrale del Ptof (Piano triennale dell’offerta formativa), in coerenze con le scelte del Collegio docenti che lo elabora. A proposito, detto per inciso, è davvero importante che sinora siano state conservate le prerogative degli organi collegiali, che in epoca di tentativi di aziendalizzazione della scuola pubblica, periodicamente sono state sotto attacco, con riforme che tenderebbero a depotenziare, se non annullare del tutto, gli effetti della democrazia partecipativa. Quindi, docenti, sappiate difendere e usare bene gli organi collegiali, che garantiscono l’autonomia nel quadro di norme che ne definiscono le competenze.

Ma il ministro Azzolina ci riprova e i sindacati (con tempestività la Gilda) ricordano che eventuali ore in più di impegno vanno pagate

Come detto, sull’obbligo di un monte ore minimo, adesso il ministro Lucia Azzolina ci riprova e nell’Atto di indirizzo a sua firma, diffuso dal Miur una decina di giorni fa, scrive che “sarà necessario, per il personale docente ed educativo, definire all’interno del nuovo Contratto di lavoro il monte ore annuale obbligatorio per la formazione e assicurare, attraverso opportuni monitoraggi, la qualità dell’offerta, ferma restando anche la necessità di implementare, a livello tecnologico, un sistema informatico in grado di contenere la storia formativa di ciascun docente e di farla ‘colloquiare’ con i dati anagrafici relativi al servizio prestato”.

Non si è fatta attendere la replica delle Gilda degli insegnanti (sempre attenta ai diritti dei lavoratori della scuola e non solo ad eventuali, e peraltro miserrimi, aumenti stipendiali), come segnalato in un altro articolo di questo giornale on line, in attesa delle prese di posizione ufficiali degli altri sindacati.

Il coordinatore Gilda, Rino Di Meglio, ha sottolineato che “inserire nel contratto le ore spese dai docenti per la formazione comporterebbe un aumento dell’orario di lavoro che in alcun modo è accettabile sia svolto gratis. Considerato che le risorse attualmente disponibili per il rinnovo del contratto sono ben lontane dal soddisfare la legittima rivendicazione di un dignitoso aumento di stipendio saremmo curiosi di sapere come la ministra intenderebbe retribuire le ore di formazione che rappresentano lavoro aggiuntivo per gli insegnanti“ e ha evidenziato che semmai “sarebbe preferibile, invece, inserire nel contratto periodi sabbatici per consentire l’aggiornamento degli insegnanti, analogamente a quanto avviene per i professori universitari”.

Ma già c’era stata nello scorso mese di gennaio una netta presa di posizione del segretario nazionale della Uil scuola, Pino Turi, dopo un’intervista di Radio1 alla ministra Azzolina che aveva detto perentoriamente: “I docenti vanno assolutamente formati. La formazione deve essere obbligatoria”. Formazione sì, ma in che tempi e in che modi?

Uil scuola: ventaglio di offerte per evitare una deriva dirigista, garantire le scelte dell’insegnante e rispettare la funzione docente

Dopo tali dichiarazioni Pino Turi ha replicato: “se il ministro vuol parlare di formazione apra subito il contratto. La formazione iniziale degli insegnanti è obbligatoria ed è compito dello Stato, una precisa riserva di leggeLa formazione del personale in servizio, invece rientra nelle prerogative contrattuali e va affrontata in sede negoziale. Gli insegnanti sono dipendenti dello Stato, ma hanno una loro specificità. Non esiste una formazione di Stato che coinvolge l’istruzione pubblica. Al docente, nella sua dimensione individuale e collegiale va offerto un ventaglio di offerte per la formazione in servizio per evitare una deriva dirigista che potrebbe configurare perfino l’indottrinamento. È lui stesso che decide. Invece tutti si sentono ‘formatori’ di qualcun altro. Va rispettata la delicata funzione docente“.

“Questo tema – ha concluso il segretario nazionale della Uil Scuola – richiama una volta in più la necessità di sedi di garanzia della libertà di insegnamento. Anche per questo serve il rinnovo del contratto”.

Ecco dunque che la ministra infatti vorrebbe far passare nel nuovo contratto la decisione che la formazione dei docenti debba avere un monte orario definito.

Per la Flc Cgil occorre garantire i diritti ed evitare forzature. E’ materia contrattuale, ma per il contratto ci vogliono le condizioni giuste

Ma sul rinnovo del contratto pone delle condizioni anche la Flc Cgil, che in suo recente comunicato ricorda: “L’attuale presidente del Consiglio il 24 aprile 2019, in un testo con noi sottoscritto, si è impegnato ad avviare un processo di avvicinamento degli stipendi del nostro personale scolastico alla media dei colleghi europei. Le stesse dichiarazioni del precedente Ministro parlavano di un aumento a tre cifre” (e Fioramonti aveva anche indicato da dove ricavare una parte consistente delle risorse: una lieve tassazione di merendine e bibite gassate, ma ricorderete fu “sbeffeggiato” dagli oppositori politici e non solo, ma anche osteggiato da colleghi di governo! Anche se poi, un po’ ipocritamente, si parla – come da me segnalato in un articolo pubblicato su questa rivista nel settembre scorso – di percorsi di educazione alimentare… Evidentemente ancora una volta gli interessi di certe multinazionali sembrano essere “intoccabili”, seppure in altri Paesi provvedimenti simili sono stati attuati, n.d.R.).

“Ricordiamo – prosegue la nota della Flc – che ciò potrebbe voler dire anche 200 euro, se si vuole davvero iniziare a risalire la china verso il ripristino di un rinnovato patto educativo. Per questo le risorse finora stanziate vanno raddoppiate. Per questo chiediamo rispetto degli impegni e ritorno alla realtà dei fatti”.

Il comunicato della Federazione lavoratori della conoscenza inoltre ricorda “alla Ministra Azzolina che il taglio del cuneo fiscale è una misura di equità sociale oltre che di redistribuzione della ricchezza, ottenuta grazie alle battaglie sindacali. Per noi anticipa una più complessiva riforma del fisco capace di aggredire l’evasione e restituire ancora più risorse a chi lavora. Il rinnovo del Ccnl, invece, è un diritto che parla alle professioni e al salario della categoria. Per questo diciamo che le condizioni per iniziare il negoziato per il contratto dell’Istruzione per il triennio 2019-2021, ad oggi, non ci sono affatto”.

E sulla formazione del personale nell’ottobre scorso la Flc Cgil ricordava che bisogna garantire i diritti ed evitare forzature. “Per il personale docente – riportava il comunicato della Federazione lavoratori della conoscenza – la formazione si realizza secondo legge (obiettivi e finalità definite nel piano nazionale), in considerazione del Ccnl (per quanto riguarda i criteri di riparto delle risorse alle scuole) e, per i docenti, nel rispetto delle competenze centrali del Collegio che delibera la programmazione delle attività di formazione in coerenza con il Ptof. Le ore di formazione vanno retribuite, previa contrattazione d’istituto, qualora la previsione è oltre le 40 ore complessive destinate alle attività funzionali all’insegnamento”.

E anche per il personale Ata si ricordava che “nel Piano annuale delle attività, saranno evidenziate, sulla base dei bisogni formativi di ogni specifica organizzazione scolastica, le proposte concordate col personale nel corso dell’incontro specifico di inizio anno. Le attività di formazione vengono effettuate in orario di servizio e, qualora effettuate in orario eccedente, vanno retribuite o recuperate”.

La maggior parte dei docenti ha seguito corsi anche fuori l’orario di servizio senza chiedere niente in cambio, quindi il Miur si rallegri!

Quindi relativamente alla formazione dei docenti, se non ha risorse adeguate (non vengano fuori proposte con importi risibili per eventuali ore aggiuntive di impegno professionale per la formazione obbligatoria), il Miur si accontenti della solita buona volontà e disponibilità della maggior parte degli insegnanti che comunque partecipando a corsi in presenza fuori orario di servizio oppure on line segue attività di formazione su tematiche di interesse professionale senza chiedere un euro in più all’Amministrazione, ma almeno facendolo senza obblighi di monte ore o pretese simili (fuori l’orario di servizio) avanzate senza metter mano al portafogli (non quello dei docenti, ovviamente‼).

Semmai, l’Amministrazione chieda conto ai docenti che non avessero mai partecipato a corsi di formazione del perché, visto che la formazione è effettivamente obbligatoria (ma senza vincoli di monte ore): l’istituzione scolastica non ha proposto alcun percorso o gli stessi docenti hanno ignorato ogni possibilità, anche di formazione attraverso gli enti accreditati che non sono solo i singoli istituti o le scuole/polo (si possono anche richiedere permessi per l’aggiornamento professionale)?

Concludendo: il Piano nazionale per la formazione affida al Collegio dei docenti l’elaborazione, la realizzazione e la verifica del Piano di formazione dell’istituto inserito nel Piano triennale dell’offerta formativa, ribadendo le competenze del Collegio docenti, che è bene chiarirlo non è comunque tenuto a dovere quantificare le ore di formazione. E peraltro nel Piano di formazione d’istituto sono generalmente previste iniziative di autoformazione.

Peraltro il comma 124 della legge 107 recita: “le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria”.

Nessun monte orario minimo quindi e il riferimento ai sindacati non è casuale, perché la formazione deve essere svolta “in servizio”, quindi nell’ambito delle ore retribuite previste dal Ccnl. Per capirci: “aggratis niente”!

Ma in effetti il Movimento 5 Stelle non voleva il superamento della legge 107? Qualcuno può ricordarlo al nuovo ministro?

Ma poi il Movimento 5 stelle non voleva il superamento della legge 107/2015 (“Buona scuola”, edito dalla collana “Enrico stai sereno”?) o abbiamo capito male e vuole inasprire, almeno sull’argomento qui trattato, quella tanto discussa legge? O magari ha capito male la Azzolina e qualcuno nel Movimento 5S, cui la ministra appartiene, dovrebbe spiegarglielo? Certe prese di posizione della neoministra hanno già provocato forti dissidi con i sindacati che hanno proclamato lo sciopero per il mese di marzo (“prima espressione di dissenso per le scelte politiche in materia di gestione del personale della scuola” (alcuni evidenziano “con particolare riguardo al personale in condizione di precarietà lavorativa”, altri sottolineano in modo più marcato anche la questione contrattuale).

Vuole Lucia Azzolina ripercorrere la strada (con epiloghi non lusinghieri, per usare un eufemismo) di alcuni suoi predecessori a Viale Trastevere che divennero alquanto impopolari per le proposte avanzate? Luigi Berlinguer (“concorsone”), Francesco Profumo (24 ore di cattedra nelle secondarie. Ma no, facciamo 36, propone un paio di anni dopo Roberto Reggi, sottosegretario all’Istruzione nel governo Renzi: poi smentisce, insieme al ministro Giannini, ma non gli basta per evitare che qualche mese dopo… venga destinato ad altro incarico extragovernativo!), la già citata Stefania Giannini (125 ore di formazione obbligatoria nel triennio). Talvolta, soprattutto i tentativi di aumentare il carico di lavoro dei docenti hanno fatto perno su beceri e infamanti luoghi comuni (precisiamo: non direttamente diffusi dagli estensori di quelle proposte) – peraltro smentiti da chi nelle scuola opera quotidianamente fra tanti impegni e difficoltà e da chi conosce davvero la realtà scolastica, nonché dal raffronto con la media settimanale di ore di lezione dei Paesi europei – contro i docenti, luoghi comuni (se non in alcuni casi palesi falsità) soprattutto negli anni precedenti per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica i tagli messi in atto da alcuni governi in particolare.

Nelle occasioni citate, come si vede, gli insegnanti e i sindacati sono stati compatti nel respingere proposte ritenute inaccettabili. O forse Azzarelli conta sul fatto che i docenti, segnati da anni di frustrazioni e stanchezza psico-fisica, siano ormai incapaci di reagire? O conta sul motto “divide et impera”, carta spesso vincente di altri governi e ministeri