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Perché la proposta Condorcet non è applicabile quest’anno, ma semmai per una futura revisione del calendario scolastico

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Il ministro dell’Istruzione Bianchi è stato chiaro, anche con riferimento al dibattito sull’eventuale allungamento delle lezioni a fine giugno: il problema non è recuperare qualcosa qua e là, ma rimettere la scuola al centro. Quindi le priorità dovrebbero essere organici adeguati per evitare ancora le “classi pollaio”, reclutamento precari e concorsi, interventi di edilizia scolastica…

Sulle lezioni sino al 30 giugno un coro di “no” motivati: dal lavoro e dallo studio svolti con impegno e costanza (in presenza e in Dad) alle temperature elevate in aula

Francamente tra le priorità non c’è l’allungamento delle lezioni, con situazioni climatiche difficili (in aule che talvolta sfiorano i 40 gradi di temperatura, senza climatizzatori), che potrebbe persino essere un “diversivo” rispetto al reale impegno di cui la scuola ha bisogno. E sul quale si è rilevato un autentico coro di “no” motivati (oltre che dal mondo della scuola, anche dagli operatori del settore turistico che sarebbero penalizzati dalle scuole aperte in estate, se si vuole guardare – come giustamente si dice – anche alla ripresa di alcune attività produttive, se ciò sarà compatibile con l’emergenza sanitaria).

Però naturalmente va considerata anche la posizione di chi vorrebbe tale prolungamento, ad esempio il gruppo di dirigenti e docenti che va sotto il nome di “Condorcet”, la cui proposta (come abbiamo scritto in un articolo pubblicato ieri) era però originariamente più articolata in quanto presuppone un nuovo modello di calendario scolastico con meno vacanze in estate ma compensate da periodi di vacanza in altri momenti dell’anno scolastico (Condorcet cita ad esempio il modello francese).

Condorcet propone un nuovo modello di calendario che prevede vacanze più corte in estate ma interruzioni in altri periodi dell’anno

Leggo in un altro articolo riportato da questa testata che Francesco Rocchi del gruppo Condorcet fa notare che rispetto alla Dad “sono cambiati i punti di vista dei docenti in meno di un anno”. Però a nostra volta facciamo notare a Rocchi che anche la posizione di Condorcet era più articolata rispetto al semplice allungamento delle lezioni sino al 30 giugno ed era ben differente.

Il gruppo aveva sollevato la questione prima dello scoppio della crisi sanitaria, evidenziando che “in Italia c’è un’estate molto lunga e ci sono poche interruzioni intermedie. Le pause lunghe sono svantaggiose per la didattica”.

E prima delle vacanze natalizie Condorcet sosteneva che “poiché non è pensabile, né auspicabile, allungare la durata dell’anno scolastico, aggravando il lavoro dei docenti, la soluzione è semplice: programmare il calendario scolastico, fin da ora, in modo da prevedere delle sospensioni della didattica, anche a distanza, nei periodi in cui la circolazione del virus è ancora alta, in modo da prendere qualche pausa di riposo e lavorare più serenamente a giugno, quando la circolazione del virus è più bassa. Questa programmazione ci può avvicinare al modello di molti paesi europei (la Francia, per esempio) che hanno una pausa estiva più breve, ma pause più frequenti nel corso dell’anno scolastico”.

I docenti avrebbero cambiato idea rispetto alla Dad? Ma anche la posizione di Condorcet pare cambiata rispetto alla proposta originaria

Ma tutto ciò non è stato fatto, nessuna sospensione didattica (“anche a distanza”, precisava giustamente Condorcet), quindi Rocchi dovrebbe prenderne atto altrimenti si potrebbe dire anche di lui e di Condorcet che hanno cambiato il punto di vista (e non in meno di un anno, ma in poco più di un mese!), dato che la proposta era imprescindibilmente legata alle “compensazioni” (cioè alle “pause di riposo”).

Questo si aggiunge alle puntuali contestazioni soprattutto di carattere normativo (pubblicate su questo sito) che un docente muove a Rocchi dopo le esternazioni (anche di stupore per la presa di posizione contraria della gran parte degli insegnanti) di quest’ultimo.

In generale, quella della rimodulazione complessiva del calendario scolastico è una proposta articolata su cui si può aprire un confronto, ma certamente non proponibile in questo anno scolastico visto che non è stata fatta alcuna pausa “compensativa” e cambiare in corsa le regole del gioco non è corretto, come abbiamo già rilevato nel citato articolo di ieri, nel quale peraltro si evidenzia che ci sarebbe il rischio di trovare aule in presenza con 5 o 6 alunni! Anche perché, dispiace dirlo, magari andrebbero a scuola coloro che non hanno bisogno di alcun recupero e proprio chi ne avrebbe bisogno invece potrebbe non presentarsi (soprattutto se dovesse essere confermata come l’anno scorso una “promozione con insufficienze”: quando l’ex ministra Azzolina annunciò tale decisione molti alunni… non si presentarono più alle lezioni in Dad!).

Invece di pensare alle lezioni a giugno inoltrato, non si poteva semmai “rinunciare” alle vacanze di carnevale? Ma quali regioni le hanno deliberate?

Semmai, proprio gli studenti, che nel sondaggio de “La Tecnica della Scuola” e in quello di “Skuola.net” hanno quasi all’unanimità dissentito dall’opportunità di prolungare la chiusura dell’anno scolastico, si sono detti al limite disponibili (ma solo qualcuno) a rinunciare a qualche giorno di vacanza durante le festività di Pasqua.

O magari sarebbe stato un segnale, anche per evitare festeggiamenti pericolosi e fuori luogo, rinunciare alle vacanze di carnevale che in diverse regioni, non tutte, sono state assegnate. Perché è bene ricordare che ad esempio nella provincia di Bolzano sono previsti ben 5 giorni di vacanza (è vero peraltro che in quella provincia le scuole a settembre hanno aperto i battenti qualche giorno prima delle altre, ma è anche da precisare che durante l’anno la provincia autonoma ha previsto altre “soste” oltre alla settimana di carnevale), 3 giorni in Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Valle d’Aosta e Veneto, 2 giorni in Lombardia (in date differenti a seconda che si tratti del rito romano o di quello ambrosiano) e nella provincia di Trento. Come si vede si tratta di tutte regioni del Nord (altre quattro regioni del Centro o del Sud Italia “chiudono” per un solo giorno): facciamo notare questo particolare per due motivi.

Il primo è che il neoministro Patrizio Bianchi ha detto che “i ritardi e le mancanze sono diversi, a seconda delle aree, delle scuole. Ecco, dovremo intervenire su quella fascia che ha sofferto la didattica a distanza, in particolare gli adolescenti del Sud e delle aree interne”. Cioè la Dad ha concentrato eventuali ritardi solo al Sud e nelle aree interne, mentre ad esempio in metropoli come Roma, Milano (anche nelle periferie) nonché nelle città del Centro/Nord tutto è “filato liscio”? Peraltro il ministro sa che in tutta Italia le lezioni in presenza non si sono interrotte, o hanno avuto brevi pause, nelle scuole primarie, in buona parte delle classi delle medie e anche per alcune tipologie di docenti alle superiori, soprattutto gli insegnanti di sostegno e di laboratorio.

Il secondo motivo è che qualcuno, ad esempio, si è chiesto come mai la regione Sicilia abbia prolungato di un giorno le vacanze natalizie (sino al 7 gennaio anziché sino al 6 gennaio come le altre): beh, la Sicilia è l’unica regione insieme alla Toscana che non ha previsto nel proprio calendario scolastico alcun giorno di sospensione delle attività didattiche (oltre naturalmente i giorni festivi) e ha iniziato per seconda (dopo la provincia di Bolzano) insieme a molte altre regioni l’avvio dell’anno scolastico (il 14 settembre, anche se in alcune scuole di qualche provincia siciliana dove erano previsti i seggi per le elezioni amministrative la campanella ha suonato giorni dopo). Però ha destato “meraviglia” quel giorno in più per le vacanze natalizie! Forse incide il luogo comune di un Sud Italia “sfaticato” e “festaiolo”?!

E’ vero che i calendari scolastici a livello regionale vengono deliberati dalle rispettive Giunte, ma allora si lasci alla decisione delle singole regioni (o province autonome) anche la scelta di un eventuale prolungamento delle lezioni a giugno, almeno sinché non dovesse in futuro venire rimodulato l’intero calendario nazionale.