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Precari, dalle occupazioni alla piazza: il 3 ottobre non è stato un flop

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Incertezza. È questa più che mai la parola che regna tra i precari della scuola all’indomani della manifestazione del 3 ottobre a Roma. Il temuto schiacciamento dell’evento, conseguente alla scelta della Federazione nazionale della stampa di rivendicare maggiore libertà di informazione nello stesso giorno e luogo scelto dal Coordinamento precari della scuola, non si è verificato. Anche la spaccatura voluta da Comitati di base, che assieme ad alcune frange di precari “dissidenti” hanno preferito evitare il contatto con piazza del Popolo, dove era in corso la contestazione della Fnsi sostenuta dai partiti dell’opposizione , e tirare dritto verso il Miur non sembra avere ridimensionato la protesta degli eterni supplenti della scuola.

È un dato di fatto che i precari hanno ottenuto, anche se limitato, il loro spazio di visibilità davanti ad almeno 100.000 persone. E non è poco. Una delegata del Cps, Anotnella Vaccaro, ha detto loro a chiare lettere (e anche agli italiani collegati da casa via tv attraverso Sky e Rete4) che questo Governo sta spazzando via non solo i posti di lavoro, ma anche la speranza. E che i cosiddetti contratti di disponibilità non possono certo bastare per “irrorare la pillola”: la rappresentante dei precari li ha bollati senza mezzi termini figli di un “decreto ammazza precari”. E la folla ha applaudito. Fischi invece per il ministro dell’Istruzione: dal palco l’avvocato Mariastella Gelmini è stata più volte inviata alle dimissioni per aver fallito in pieno, sostengono i precari, gli obiettivi del suo mandato.
Ad applaudire, mischiati tra i manifestanti, c’era una discreta rappresentanza del mondo della scuola: quella che, partita da piazza della Repubblica, era giunta a piazza del Popolo trafelata tra la folla. Così, assieme ai componenti del Cps, si sarebbero mischiati tra la folla i tanti rappresentanti di Flc-Cgil e Gilda, dei diversi movimenti di settore e delle associazioni studentesche (in prevalenza dell’Uds e della Rete degli studenti, che già la mattina aveva dato vita ad un corteo anti-Gelmini da piazzale Ostiense sino al Miur) provenienti da tutta Italia: in 20.000 unità, per gli organizzatori. Solo un quarto, 5.000, per la questura. In ogni caso non pochi se si pensa alle ultime contestazioni di piazza.
Numeri a parte, le scritte erano chiare. Ad iniziare dalla prima che apriva il corteo: “Dignità e futuro per la scuola pubblica“. Subito dopo un’enorme bandiera viola, con al centro una clessidra alata. Diversi manifestanti indossavano la maglia “Docenti p.r.e.c.a.r.i: professionisti radiati, esasperati, cancellati, annullati, raggirati, ignorati“.
Malgrado i timori delle vigilia, i movimenti dei precari c’erano quasi tutti, ad iniziare dagli storici Cip. Anche il Cps era rappresentato al meglio, con Olga Romano, una delle esponenti più attive, che ribadiva “il no ai tagli e il sì alle assunzioni per una scuola pubblica, laica e di qualità“. C’erano anche dei precari a dir poco storici: il record era rappresentato da un docente di Educazione fisica, Antonino Geraci, che a 55 anni raccontava della sua prima supplenza datata 1982, quindi 27 anni fa.
Cori contro Governo Berlusconi e Miur, naturalmente. Ma anche per i media, che, ad iniziare dalla Rai, snobberebbe il problema sociale e le conseguenti iniziative di protesta. Mentre dal palco di piazza Navona parlavano i precari, degli studenti issavano dalla ‘collina’ del Pincio un lungo striscione: “I soldi per la scuola e l’università sono tutti in Afghanistan. Via i tagli, via le truppe“. Dello stesso tenore le scritte dei rappresentanti di ‘Emergency’, che indossavano una maglietta con la scritta “Meno soldati, più studenti“. Un concetto, quello del pacifismo, ribadito più volte, durante il loro percorso, dai componenti al secondo corteo. Quello che, capitanato dai Cobas, partito da piazza dell’Esquilino, è passato per Santa Maria Maggiore, via Labicana, Colosseo e Circo Massimo; per arrivare davanti al Miur a viale Trastevere con almeno un’ora di anticipo rispetto al raggruppamento del Cps. Con Piero Bernocchi, leader dei Cobas, che continuava a pronunciare parole roventi contro la scelta dei promotori della manifestazione di essere passati per piazza del Popolo.
Poi però, in serata, i due cortei si sono riuniti a viale Trastevere. Davanti al simbolo del potere scolastico, il Miur. Lì, dopo aver scandito gli ultimi slogan anti-tagli, è calato il sipario sulla protesta. Cosa accadrà ora? Difficile, quasi impossibile pensare che il Governo torni sui suoi passi. La protesta, del resto, è solo all’inizio: nei prossimi 25 giorni tutti i sindacati, eccetto Uil e Snals, scenderanno in piazza. Sono stati già proclamati (potremmo dire in perfetto stile-scuola ultimo anno) ben tre scioperi (Unicobas il 9, Anief il 20, anche se da confermare, e Comitati di base il 23) e cinque manifestazioni (il 9 le associazioni degli studenti e l’Unicobas, il 20 l’Anief, il 23 i Comitati di base e il 31 la Cisl Scuola). I precari sicuramente, anche stavolta, ci saranno. Forse un po’ fiaccati nell’animo (sinora tanto da fare con risultati vicini allo zero), ma sicuramente saranno al loro posto. Il mese dell’occupazione dei tetti, dello sciopero della fame, dei presidi sotto gli Usp è terminato: con l’autunno arriva quello delle piazze.