Home Personale Quando la maternità rappresenta una discriminazione sul lavoro

Quando la maternità rappresenta una discriminazione sul lavoro

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È un’evidente discriminazione della legislazione italiana impedire ad una donna in congedo di maternità la frequenza di un corso di aggiornamento utile all’avanzamento di carriera.
La Corte Europea è recentemente intervenuta sulla questione con una sentenza del 6 marzo 2014 con la quale si è espressa circa l’interpretazione degli articoli 2, paragrafo 2, lettera c), 14, paragrafo 2, e 15 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.
La domanda è stata presentata dal Tar del Lazio nell’ambito di una controversia tra una dipendente pubblica e il Ministero della Giustizia avente ad oggetto l’esclusione della donna da un corso di formazione a seguito della sua assenza da detto corso per più di 30 giorni, assenza motivata da un congedo obbligatorio di maternità.
La Corte UE è giunta a questa conclusione: il suddetto art.15, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, per motivi di interesse pubblico, esclude una donna in congedo di maternità da un corso di formazione professionale inerente al suo impiego ed obbligatorio per poter ottenere la nomina definitiva in ruolo e beneficiare di condizioni d’impiego migliori, pur garantendole il diritto di partecipare a un corso di formazione successivo, del quale tuttavia resta incerto il periodo di svolgimento.
Inoltre, l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2006/54, secondo il quale non è discriminatoria una differenza di trattamento fondata su caratteristiche costituenti requisito essenziale per lo svolgimento dell’attività lavorativa, non può essere interpretato nel senso di consentire allo Stato membro di ritardare l’accesso al lavoro in danno della lavoratrice che non abbia potuto godere di una formazione professionale completa a causa del congedo di maternità.