Home I lettori ci scrivono Scuole paritarie e costo standard: dumping salariale e sfruttamento delle suore

Scuole paritarie e costo standard: dumping salariale e sfruttamento delle suore

CONDIVIDI

Ci sono attese e aspettative su cosa farà il nuovo ministro Bussetti riguardo alle scuole private paritarie cattoliche. Speranze, perplessità e anche contrarietà si fronteggiano in articoli sulla stampa, post e dibattiti sui social.

È ragionevole prevedere o ipotizzare che – almeno per il prossimo a.s. – la situazione non verrà modificata. Ciò almeno per quattro motivi: 1°) la questione è complessa, scottante e controversa, inoltre manca il tempo; 2°) il ministro è appena insediato, l’a.s. 2018-2019 comincia tra meno di un mese e già si prevedono le ben note, pesanti e ricorrenti disfunzioni della macchina organizzativa-burocratica del Miur (poi magari daranno la colpa ai docenti!); 3°) esistono diverse emergenze e urgenze da tamponare cui dare precedenza assoluta; 4°) M5S e Lega hanno posizioni diverse.

La recente intervista a suor Anna Monia Alfieri riassume la posizione e le richieste del “gruppo di pressione pro-paritarie”, mentre la successiva intervista all’ex preside-DS Renata Puleo riporta alcuni argomenti di chi è contrario al costo standard. Altri articoli e note recenti – luglio 2018 – completano il panorama;

Inoltre ci sono alcuni aspetti della questione paritarie che sono sfuggiti alla discussione oppure trattati troppo velocemente e in modo scontato, su cui conviene soffermarci, puntualizzare, approfondire, dibattere.

Li elenchiamo brevemente con riferimento alla documentazione richiamata o ad altra specifica.

1 – Viene data per scontata l’esistenza di un “diritto inviolabile della libertà di scelta educativa” ricavato dall’art. 3, c. 2, Cost. e adattando il disposto dell’art. 30, c. 1, Cost. che stabilisce invece e precisamente: “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”.
Chi chiede o pretende il costo standard lascia intendere che la “scelta libera” debba essere con spese – tutte e non precisate per entità e durata – a carico dello Stato. Ma attualmente non è così, né ci sono presupposti e possibilità per ricorrere a un giudice, a un Tribunale o a una qualche Corte, contro una omissione presunta dello Stato o del governo. Perciò la scelta libera è possibile solo a chi può sostenere le rette delle paritarie o quelle di scuole ancora più costose.

2 – “Costo standard per salvare le paritarie” così Aprea che si appella a Bussetti, mentre “Il costo standard? Salverà la scuola [sia statale che paritaria] dal tracollo” è il titolo dell’intervista ad Anna Monia Alfieri.

Ora le paritarie sono scuole private come proprietà e gestione, appartengono a istituti religiosi che fanno capo al Vaticano, perché allora dovrebbero essere salvate dallo Stato italiano? E perché le paritarie dovrebbero essere salvate? Infatti sono state sbugiardate e riportate a normalità le notizie allarmistiche relative a massicce chiusure di scuole paritarie.

A quali situazioni e dati si riferisce Alfieri quando evoca il tracollo della scuola? L’Italia è agli ultimi posti in Europa per spesa, meglio investimenti destinati all’istruzione. Possiamo leggere: “A livello assoluto, l’Italia, nel 2015, risulta aver speso complessivamente per le scuole materne, primarie, medie, secondarie, per le università, la formazione non universitaria, sussidi e finanziamenti alla ricerca, 65,1 miliardi di euro. Contro i 119,1 della Francia e soprattutto i 127,3 della Germania (che quindi investe nella formazione dei suoi giovani quasi il doppio)”.

Sono valori di spesa (65,1 mld) che è impensabile ridurre con non si sa quali risparmi e per cui nulla influisce o cambia segnalando situazioni – già ben note – come la “gestione poco efficiente, a volte persino disastrosa”o che “il sistema scolastico italiano ha ampi sprechi”.

Alfieri prospetta il collasso del servizio nazionale di istruzione come conseguenza di una assurda, impossibile e subitanea serrata delle scuole paritarie (“un milione di allievi insieme ai 200 mila docenti”), ma questa è un’ipotesi irreale, fuori dal mondo, ingenuamente ricattatoria, più che ridicola, folle!

3 – Nella Scuola “come nella Sanità” – e altri documenti – è il paragone virtuoso (?) che si cerca di accreditare per giustificare e ottenere il richiamato costo standard, o voucher, o qualcosa che gli somigli. Sanità e Scuola però sono servizi molto differenti e non paragonabili, il paragone e il confronto non hanno senso e dovrebbero prima essere spiegati e giustificati da chi li propone. Pur senza invertire l’onere della prova, osserviamo solo che nella Sanità analisi ed esami di laboratorio danno risultati oggettivi e affidabili espressi con numeri o immagini, nella Scuola non è così; nella Sanità interventi e terapie sono individuali (uno a uno) e seriali, nella Scuola il grosso degli interventi, cioè delle lezioni è collettivo (uno a venti o più) cioè in parallelo.

Incidentalmente, a proposito di sanità pubblica o privata, Gino Strada ha dichiarato: “Sì. Dico a tutti: se dovessi fare il ministro reintrodurrei la dicitura Ministero della Sanità Pubblica. Con me non ci sarebbero convenzioni con i privati. Non un euro. Io sono per una sanità pubblica, di alta qualità e totalmente gratuita. Per ri-costruirla non servirebbero nemmeno altri investimenti. Bisognerebbe smettere di rubare. Almeno trenta miliardi l’anno finiscono in profitto. Quando una struttura sanitaria che dovrebbe essere ospitale con chi soffre diventa un’azienda in cui si gioca con i rimborsi e il pagamento a prestazione, si mette in atto un crimine sociale”.

4 – Nelle scuole paritarie dell’infanzia e primarie si segnala lo sfruttamento e il conseguente dumping salariale. Ne parla Renata Puleo nell’intervista. Alcune osservazioni aggiuntive possono essere utili.

Nelle scuole dell’infanzia la presenza delle paritarie cattoliche è relativamente massiccia (circa370 mila iscritti a fronte di 490 mila iscritti nelle statali). In alcuni territori le paritarie costituiscono l’unica e perciò obbligata possibilità per le famiglie, non hanno concorrenza, sono in situazione di monopolio perché lo Stato non ha ancora provveduto ad adempiere l’art. 33, c. 2, Cost.. Accade allora che alcuni Comuni stipulano convenzioni con dette paritarie gestite da suore. Spesso i Comuni dispongono di poche risorse e le condizioni economiche delle convenzioni coprono solo parzialmente i costi e le rette: le suore si lamentano e le famiglie pure. Alcune convenzioni appaiono vessatorie, codificano anche situazioni in cui si richiede “l’attività volontaria di docenza delle religiose dotate di titolo professionale richiesto” (sic !!) e stabiliscono un “rimborso spese” annuo forfettario e irrisorio di 9.600 euro a suora (!!). I dati citati si riferiscono al Comune di Latina (21) (22) e appunto possiamo leggere: “Gli schemi delle nuove convenzioni approvate, basate sull’attività volontaria di docenza delle religiose dotate di titolo professionale richiesto, impegnano il Comune di Latina a corrispondere ad ogni congregazione, a titolo di rimborso spese, un contributo annuo stabilito in base al numero di religiose presenti nei rispettivi istituti e individuato in 9.600 euro per le scuole di Borgo Grappa e Borgo Podgora, 28.800 euro per San Marco, 30mila per la paritaria di Borgo Le Ferriere i cui locali non sono di proprietà comunali”.

Ma le suore di Latina non sono le sole a lavorare “gratis et amore Dei”, nel fascicolo “La scuola cattolica in cifre – a.s. 2016/2017” (23) alla Tabella 11, pag. 6 troviamo accanto alla voce “docenti a titolo gratuito” il numero 4.951 e poi “di cui donne” n. 4.210; per le sole scuole dell’infanzia le stesse voci riportano i n. 2.724 e 2.605 rispettivamente. È questa una palese situazione di sfruttamento che conferma il dumping segnalato da Puleo.

Ricordiamo, in proposito, che solo pochi mesi fa perfino L’Osservatore Romano denunciava “Suore trattate da sguattere in casa di cardinali e vescovi”. Altri articoli riportano dettagli.

Ancora la l. 62/2000 al comma 5 dell’art. 1 prevede addirittura che “Tali istituzioni [cioè le scuole paritarie], in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente purché fornito di relativi titoli scientifici e professionali ….”.

C’è da chiedersi seriamente se tali situazioni e tale comma 5 non siano fuori delle leggi e della Costituzione che all’art. 36 stabilisce il “diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro” e anche il “diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. E poi ci sono anche gli aspetti contribuivi Inps per pensione, malattia, infortuni.

Perché mai la Scuola italiana deve adattarsi ed essere complice di queste situazioni anomale?

5 – “Costo standard? Per ora resta un modello teorico” così TuttoScuola  interpreta gli intendimenti di Bussetti riguardo al finanziamento delle paritarie, cioè resterà immutata la situazione attuale con i 500 milioni di euro raggiunti da Gabriele Toccafondi, somma corrispondente a circa 1/10 delle rette effettive tanto che Pierluigi Castagneto la svilisce a “piatto di lenticchie”.

Tornando a TuttoScuola, la sua nota conclude: “È assai probabile che anche l’attività del gruppo di lavoro sul costo standard, nominato dall’ex ministra Valeria Fedeli lo scorso 20 dicembre 2017 e coordinato da Luigi Berlinguer resti per ora congelata”. Infatti di questo gruppo di lavoro si sono perse le tracce dopo la prima e unica riunione di otto mesi fa. Il gruppo risulta composto da 14 membri scelti in modo che appare insolito e particolare: oltre all’ex ministro L. Berlinguer che lo presiede, troviamo 6 membri del Miur, 4 rappresentanti delle scuole paritarie: suor Anna Monia Alfieri, esperta di costo standard per studente, i presidenti della Fidae Virginia Kaladich, e del Cdo-Foe Marco Masi, il segretario nazionale aggiunto della Fism Antonio Trani, 4 rappresentanti sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Snals), nessun rappresentante dei presidi-DS, nessun rappresentate dei genitori, primi interessati a ricevere il costo standard.

Il gruppo di lavoro è supportato da una Segreteria Tecnica di tre membri, 2 dei quali sono gli autori del saggio “Il diritto di apprendere”, mentre il 3° autore (Anna Monia Alfieri) è già direttamente fra i componenti il gruppo di lavoro!

Successivamente e solo “dopo le proteste i genitori hanno ottenuto dalla ministra Fedeli l’ingresso di un rappresentante dell’Agesc”!

Recentemente il ministro Bussetti ha incontrato il Fonags, che è il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola ed è composto di 7 associazioni genitori:

Agedo – Associazione genitori di omosessuali,
Care – Coordinamento delle associazioni familiari adottive e affidatarie in rete,
Age – Associazione italiana genitori.
Agesc – Associazione genitori scuole cattoliche,
Cgd – Coordinamento democratico genitori,
Faes – Associazione famiglia e scuola,
Moige – Movimento italiano genitori.

Agesc, con 20.000 aderenti dichiarati, risulta l’unica delle componenti i Fonags a far parte del gruppo di lavoro per il costo standard. Alle altre non interessa o sono state escluse?

Vincenzo Pascuzzi