
Con l’avvicinarsi delle calde temperature quasi estive, ritorna come ogni anno il problema del dress code. In una scuola di Livorno è esploso un caso. Come riporta Il Tirreno, due studenti di un istituto superiore sono stati buttati fuori da scuola perché indossavano pantaloncini.
I due avrebbero violato il regolamento d’istituto. “Se non volete indossare i calzoni lunghi dovete portare i bermuda della divisa, è l’unica deroga consentita”, questa la spiegazione degli insegnanti, alcuni dei quali hanno fatto presente di essere contrari alle “norme pro-decoro” attuate dalla dirigenza, ma di non poter far niente per aggirarle.
I genitori sono in protesta. L’articolo 48 del regolamento d’istituto impone infatti di “indossare un abbigliamento consono all’ambiente scolastico”. E in una mail del 5 maggio scorso è spuntato il “decreto di attuazione”. “Gli studenti – si legge nella circolare 432 – devono presentarsi alle lezioni con un abbigliamento adeguato. È fatto divieto di indossare infradito o ciabatte da spiaggia, magliette scollate, strappate, trasparenti o che tengano scoperta la pancia, pantaloni o gonne molto corte, canottiere, cappelli e cappucci alzati”.
Una comunicazione ribadita ai genitori anche mercoledì 14 maggio: “Desideriamo richiamare la vostra attenzione – è il testo – per un aspetto che da sempre caratterizza l’istituto: la particolare attenzione al decoro personale e all’ordine, sia nell’abbigliamento, sia nei comportamenti. La nostra scuola, infatti, ha una lunga tradizione nella formazione dei futuri ufficiali, un ambito professionale in cui la disciplina, la cura dell’aspetto e il rispetto delle regole rappresentano elementi fondamentali. Educare i nostri studenti fin da ora a questi valori significa prepararli con serietà e responsabilità a un ruolo che saranno chiamati a ricoprire. Per questo invitiamo le famiglie a collaborare affinché i propri figli rispettino le regole in termini di decoro, sobrietà e correttezza, contribuendo a mantenere un ambiente coerente con la missione educativa. Si chiede di venire a scuola con un pantalone lungo e vestiti in modo decoroso”.
“Non siamo né in un istituto militare, né in una moschea – spiega un genitore – ma in una scuola statale. Mio figlio, minorenne, è rimasto fuori: è in giro, di chi è la responsabilità se succede qualcosa? Perché dovremmo comprare per forza la divisa, spendendo all’incirca 50 euro, dato che questa è l’unica maniera per entrare in classe coi pantaloni corti? È in atto una discriminazione, un abuso di potere e un’interruzione del diritto allo studio”.
La replica del dirigente scolastico
“Sono una mamma dispiaciuta e amareggiata – le parole di una madre –. Come lasciare fuori gli studenti perché non hanno i pantaloncini imposti dalla scuola, ma altri ben più lunghi e da loro definiti non adeguati? Ragazzini, pendolari, negli ultimi giorni di verifiche? Mio figlio è entrato per la prima volta con i pantaloni a due dita dalla caviglia ed è stato lasciato sulle scale dalla vicepreside, mentre entravano altri ragazzi con pantaloncini ben sopra le ginocchia. Ho telefonato per chiarimenti alla vicepreside e mi ha rifiutato la chiamata. Ho chiamato il preside che, dopo essersi arrampicato sugli specchi dicendo che due giorni fa avevano mandato la circolare, mi ha chiuso il telefono in faccia: è una dittatura”.
Il dirigente scolastico ha replicato: “Avevamo avvertito per tempo – sottolinea – e in questi giorni abbiamo anche uno stand alla Biennale del Mare, motivo per il quale ci teniamo particolarmente al decoro. Alcuni genitori, in ogni caso, hanno portato i pantaloni ai ragazzi e sono stati fatti entrare, mentre chi non ha i calzoni corti, fatta eccezione per quelli della divisa ufficiale, è rimasto fuori e ci resterà anche nei prossimi giorni. C’è un regolamento, ma al di là della disposizione in sé, il nostro obiettivo è formare gli ufficiali del futuro e l’abbigliamento è un aspetto fondamentale”.
Dress code, il precedente
L’anno scorso un caso simile: in un istituto del milanese una ragazzina di undici anni, che si è presentata in classe con dei pantaloncini da basket, è stata richiamata.
La ragazza, che frequentava una scuola media, è stata invitata a cambiarsi. La mamma le ha così portato dei pantaloni di ricambio. La donna si è lamentata ai microfoni del Quotidiano Nazionale: “I pantaloncini da basket indossati da mia figlia arriveranno al massimo tre dita sopra il ginocchio, non a metà coscia, e non sono attillati. Quando ho letto la mortificazione sul suo volto ho capito che non potevo lasciare passare un messaggio così negativo. Ho informato dell’accaduto le rappresentanti delle classi delle elementari e delle medie e abbiamo scritto alla preside, chiedendole tolleranza nel momento in cui si decide di chiamare un genitore per fare portare il cambio”.
“Siamo completamente d’accordo che a scuola si debba avere un abbigliamento consono all’ambiente scolastico, ma crediamo anche che si debba agire con buonsenso. Non a caso nel regolamento di istituto c’è scritto che ‘gli studenti devono presentarsi con abbigliamento adeguato all’ambiente in cui si trovano’, nessun altro dettaglio”, ha concluso.