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Tagli organici, negli ultimi sei anni la scuola ha perso 200 mila posti

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Basta a qualsiasi ulteriore applicazione di spending review nella pubblica amministrazione, in particolare al comparto scuola, come nelle ultime ore ancora una volta ipotizzato dal ministro del Lavoro Elsa Fornero. L’appello giunge dal sindacato Anief, che ha ricavato i dati (analizzati dai membri del Comitato Paritetico insediatosi presso l’Aran) confrontandoli con gli aventi diritto al voto per eleggere le Rsu nel 2006 rispetto a quelli dello scorso marzo.
Ma non solo: il sindacato degli educatori in formazione è andato anche a confrontare le riduzioni di posti avvenute nei dieci settori del comparto pubblico. Ebbene, quello che emerge è peggio di quanto si pensava. Almeno per il settore della scuola.
Complessivamente, rispetto ai 2.561.560 dipendenti andati alle urne sei anni addietro, il numero è sceso a 2.282.640 unità. Con una riduzione di personale di 278.920 unità. Di questi posti cancellati, ben 201.245 sono rappresentati da docenti o personale Ata: che corrispondono ai tre quarti di tagli agli organici attuati nei confronti di tutto il pubblico impiego.
Sempre rispetto al 2006, gli aventi diritto alle elezioni Rsu di marzo nell’istruzione si sono infatti ridotti di 134.527 unità (pari quindi ad un taglio netto del 23%): sei anni fa avevano votato 880.816 docenti e Ata, a fronte dei 746.289 di oggi.
Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e da alcune settimane anche delegato dalla Confedir Mit-Pa ai direttivi, quadri e alte professionalità, “risulta evidente che la scuola non potrà e non dovrà sopportare nuovi tagli dalle revisione di spesa attualmente sottoposta al vaglio del Cnel e del Parlamento, pena la mortificazione dei livelli essenziali di erogazione del servizio. In particolare, i posti tagliati ai precari non erano fantasma ma garantivano un servizio che oggi non viene più reso. A questo punto è evidente che qualsiasi altra riduzione del tempo scuola, delle aule, del personale tecnico e docente, che operano in un settore strategico per la crescita” sarà del tutto ingiustificata. Aggravando, conclude Pacifico, “la crisi in cui può piombare il Paese”.