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Tra Nord e Sud, immissioni in ruolo da rivedere

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Bisognerà, dunque, provvedere alla nuova individuazione dei posti vacanti in ciascuna provincia, per gli anni scolastici 2008/2009 e 2009/2010 e rinnovare i decreti di immissione in ruolo per tali anni. E’ già stato nominato un commissario ad acta, per il caso di inerzia da parte dell’Amministrazione.
La decisione emessa da Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza al giudicato formatosi su una sentenza (la n. 4286/2011) pronunciata dagli stessi Giudici di Palazzo Spada, rischia di determinare un vero e proprio terremoto, dato che impone la totale revisione della ripartizione dei contingenti dei posti destinati alle immissioni in ruolo per il biennio 2008/2010, con la conseguente possibilità di revisione di tutte le immissioni in ruolo disposte nel periodo in questione.
Per meglio comprendere la portata dell’obbligo di fare ordinato all’Amministrazione scolastica, è opportuno ripercorrere le fasi che hanno preceduto il giudizio di ottemperanza.
Un gruppo di docenti che, avendo maturato un elevato punteggio con titoli di specializzazione e di perfezionamento, aspiravano all’immissione in ruolo, ed un gruppo di genitori di alunni disabili, avevano impugnato innanzi al Tar Lazio i decreti ministeriali n. 61/2008 e n. 73/2009 e le relativa tabella di distribuzione del contingente di nomine per gli anni scolastici 2008/2009 e 2009/2010, ritenendoli illegittimi per due ordini di motivi.
In primo luogo ritenevano sottodimensionato il numero delle assunzioni disposto a livello nazionale rispetto alla programmazione del 2007 e quindi la mancata assunzione a tempo indeterminato di quanti, come i ricorrenti, non erano rientrati nelle procedure di stabilizzazione, seppure ricompresi nelle graduatorie ad esaurimento, ed in secondo luogo perché ritenevano comunque illegittima in quanto immotivata la distribuzione di posti tra le province del Nord e quelle del Sud, risultando queste ultime ingiustamente penalizzate.
Siffatta condotta dell’Amministrazione, secondo la tesi dei ricorrenti, si poneva in contrasto con i principi costituzionali del diritto allo studio (art. 34 Cost.) della giusta ed equa retribuzione (art. 35 Cost.) e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.); violando pure il principio di continuità didattica e, nel caso degli alunni portatori di handicap, provocando un avvicendamento reiterato dell’insegnante di sostegno, rendendo proibitivo il percorso di apprendimento e di inserimento dell’alunno disabile, in violazione dell’art. 38 Cost. che tutela il diritto all’educazione e all’avviamento professionale dei disabili ed in violazione delle norme internazionali sull’argomento.
Il Tar Lazio, a conclusione del giudizio di primo grado, ha rigettato il ricorso ritenendolo infondato in quanto, il programma che il Ministero si era posto, di riassorbire i 150.000 precari c.d. “storici” della scuola a partire dall’a.s. 2007/2008, era necessariamente subordinato ai riscontri di bilancio necessari per la sua attuazione, oltre che alla necessità della sussistenza dei posti vuoti in organico, tali da consentire la stabilizzazione annuale di un certo contingente di precari; inoltre l’amministrazione scolastica aveva rappresentato che le assunzioni del personale docente precario avvenivano proporzionalmente mediante l’assegnazione del 49% dei posti disponibili, e tale criterio, del quale l’amministrazione non aveva esplicitato alcuna origine normativa o regolamentare, essendo basato solo su esigenze di tipo finanziario, non è stato autonomamente impugnato dai ricorrenti.
Avverso la sentenza di primo grado, gli interessati hanno proposto appello innanzi al Consiglio di Stato il quale, con sentenza n.4286 depositata il 14 luglio 2011, ha riformato la decisione del primo giudice, accogliendo le doglianze dei ricorrenti.
In particolare, i Giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato che, sul primo versante, i ricorrenti hanno lamentato illegittimità del sottodimensionamento delle assunzioni disposto a livello nazionale rispetto alla programmazione del 2007, come risultante dall’art. 1, comma 605, lett. c) della legge n. 296/2006 (laddove stabiliva che il Ministero dell’istruzione si dotasse di un piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente per gli anni 2007-2009 di 150.000 unità) e dal decreto che aveva disposto di programmare per l’a.s. 2007/2008 l’assunzione di 50.000 unità e per gli anni scolastici successivi (2008/2009 e 2009/2010) delle restanti 100.000 unità.
I ricorrenti hanno sostenuto l’assenza di un’adeguata motivazione, e di una congrua istruttoria, a sostegno della disposta ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le province meridionali e quelle del Centro Nord, rilevando a titolo esemplificativo che, nel caso di Brescia, pur essendovi una minore popolazione scolastica e quasi tutte le graduatorie dei precari già esaurite, la provincia ha ottenuto un contingente di immissioni in ruolo sensibilmente superiore a quello di Catania, provincia più affollata di studenti e ad alto tasso di precariato; hanno anche soggiunto che la provincia di Enna è stata destinataria di sole 72 immissioni in ruolo.
Sotto un primo aspetto il Consiglio di Stato ha condiviso quanto sostenuto dal primo giudice, laddove ha disatteso le censure con cui è stata dedotta l’illegittimità del sottodimensionamento delle assunzioni disposto a livello nazionale rispetto alla programmazione del 2007, in quanto il legislatore aveva subordinato il riassorbimento dei 150.000 precari cd. “storici” della scuola a partire dall’a.s. 2007/2008 ai necessari riscontri di bilancio, oltre che alla necessità della sussistenza dei posti vuoti in organico, tali da consentire la stabilizzazione annuale di un certo contingente di precari.
Il giudice d’appello ha, invece, condiviso i rilievi dei ricorrenti riguardanti la lamentata assenza di un’adeguata motivazione ed, a monte, di una congrua istruttoria a sostegno della disposta ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le province meridionali e quelle del Centro Nord, considerato che queste ultime sarebbero state favorite rispetto a quelle meridionali, penalizzate da una irragionevole ripartizione dei posti per le assunzioni.
Ritenendo necessario acquisire alcune informazioni ai fini di verificare il concreto iter logico seguito dall’Amministrazione nell’attendere alla suddivisione del personale da stabilizzare tra le diverse province e regioni italiane, il Consiglio di Stato ha disposto l’acquisizione di documenti e di una relazione ministeriale volta ad indicare, tra l’altro, le operazioni, logiche o aritmetiche, compiute e sottese alla determinazione, regione per regione e provincia per provincia, del numero di personale da assumere.
Dalla documentazione prodotta in giudizio dall’Amministrazione, non sono però emerse le modalità aritmetiche o logiche con cui si è provveduto alla concreta applicazione del criterio della “proporzionalità al numero dei posti disponibili”, dall’Amministrazione indicato quale canone seguito nella ripartizione del personale da assumere tra le diverse regioni e province.
Alla luce di ciò, il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto fondate le censure di difetto di istruttoria formulate dai ricorrenti riguardo alla disposta ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le province meridionali e quelle del Centro Nord, accogliendo quindi l’appello con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
A fronte dell’inerzia dell’Amministrazione, che non ha eseguito la predetta sentenza, i ricorrenti si sono rivolti nuovamente al Consiglio di Stato affinché ordinasse al Miur di ottemperare al giudicato formatosi sulla decisione.
I giudici di Palazzo Spada nell’evidenziare che i provvedimenti annullati con la sentenza n. 4286 del 2011 sono attuativi della normativa di legge con cui è stata disposta la definizione di un piano triennale di assunzioni nella scuola (art. 1, comma 605, lett. c), della legge n. 296 del 2006), hanno puntualizzato che l’Amministrazione deve nuovamente provvedere con la riemanazione dei detti decreti poiché resterebbe altrimenti inattuata la disposizione legislativa per quanto attiene alla ripartizione del contingente nazionale fra le varie province italiane al fine delle immissioni in ruolo.