
Il Corriere della sera pubblica oggi (6 luglio) , a firma di Chiara Barison, un articolo sugli esiti dela normativa olandese che vieta/riduce l’utilizzo dello smartphone in classe. Una questione molto dibattuta nei sistemi scolastici internazionali e su cui è intervenuto anche il ministro dell’istruzione e del merito in Italia con due circolari (la prima del luglio 2014 e la seconda di poche settimane fa) per vietare l’utilizzo – anche didattico – dello smartphone in classe
Secondo il Corriere i dati che emergono da una ricerca del “Kohnstamm Instituut” i ragazzi delle scuole secondarie trova più facile concentrarsi su quanto veniva spiegato dal docente o su un’attività assegnata (75%) e nota un miglioramento dell’ambiente scolastico e delle interazioni con i coetanei (59%). Con i cellulari sottochiave i ragazzi si parlano, litigano, giocano, fanno più movimento, tornano a guardarsi negli occhi, leggono libri. E le ripercussioni sono positive che nella lotta al bullismo”.
Andare alle fonti, anche in questo caso, è particolarmente utile e istruttivo.
Il rapporto di 89 pagine (in olandese, qui il testo) e la pagina internet dell’istituto che lo ha curato ricordano in primo luogo il cuore della posizione olandese: “I telefoni cellulari e altri dispositivi non sono ammessi in classe, a meno che non vengano utilizzati per scopi didattici durante la lezione o per necessità (ad esempio per esigenze di supporto aggiuntive o necessità mediche).”
Come si può vedere la partenza è diversa rispetto alle circolari che regolano la situazione italiana.
In Olanda, infatti, non vi è stata una norma cogente ma un accordo nazionale redatto per contrastare i possibili effetti negativi dell’uso di telefoni cellulari e altri dispositivi in classe e preservare gli effetti positivi dell’uso didattico. L’accordo è stato stipulato sotto la supervisione del Ministero dell’Istruzione, della Cultura e della Scienza (con la partecipazione di rappresentanti di insegnanti, dirigenti scolastici, genitori e studenti). Su incarico del Ministero dell’OCW, l’Istituto Kohnstamm e Oberon hanno poi valutato il funzionamento dell’accordo nazionale monitorando la situazione relativa all’uso di telefoni cellulari e altri dispositivi in classe nell’istruzione secondaria, primaria e specialistica.
I dati della ricerca nelle scuole superiori
Il rapporto presenta così le principali evidenze raccolte
- Il 99% delle scuole secondarie ha una politica sui cellulari. La maggior parte delle scuole ha una politica “a casa o in cassaforte” o consegna i telefoni all’inizio delle lezioni.
- Da quando è entrato in vigore l’accordo, gli studenti portano meno spesso il cellulare a scuola.
- Le scuole segnalano effetti positivi sulla concentrazione (75%), sul clima sociale (59%) e – in misura minore – sul rendimento scolastico (28%).
- Alcuni degli insegnanti intervistati hanno menzionato anche effetti negativi:
- aumento del carico di lavoro dovuto all’applicazione della legge
- adeguamenti necessari nella comunicazione verso gli studenti
- aumento del bullismo fisico e dei comportamenti dirompenti
- Le scuole citano i seguenti fattori di successo per politiche fattibili: comunicazione chiara, applicazione collettiva e alternative all’uso del telefono durante le pause.
- Il 51% delle scuole è soddisfatto dello strumento politico. L’accordo è apprezzato come “supporto”, soprattutto nella comunicazione con genitori e studenti. Il 33% auspica una legislazione più incisiva.
Come si vede si tratta di risultati che meritano una approfondita discussione e ulteriori verifiche.
L’elemento chiave, tuttavia, a pare essere il fatto che le scuole non hanno pedissequamente applicato un divieto imposto da una norma ma hanno operato secondo la logica degli accordi tra i diversi soggetti senza vietare l’uso didattico.
La ricerca è poi decisamente interessante perché inizia a portare evidenze scientifiche (seppure frutto di sondaggio) piuttosto che posizioni a partito preso.