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Abbandoni precoci, a Palermo in 100 casi i genitori artefici del distacco dalla scuola: denunciati

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Ancora una storia di abbandoni scolastici di massa. Con le famiglie degli alunni che, anziché affiancarsi a scuola e istituzioni, vestono il ruolo di artefici principali del distacco tra i giovani e l’istruzione. Alleandosi, di fatto, con un contesto territoriale e sociale che “rema” contro l’avvicinarsi alla cultura e l’affrancarsi da un destino segnato.
La storia è quella di 103 genitori di Monreale, in provincia di Palermo, tutti denunciati dai carabinieri perché ritenuti responsabili di inosservanza continuata dell’obbligo di istruzione dei propri figli, per un totale di 57 studenti.
Dalle indagini condotte dai militari, nel corso di tutto l’anno scolastico 2011-2012 sugli istituti di istruzione primaria e secondaria, tra l’altro non solo a Monreale ma anche nell’ambito dei paesi limitrofi, è emerso un dato inequivocabile: molti genitori avevano causato o agevolato l’abbandono della frequenza scolastica o la sua interruzione ingiustificata, nonostante l’obbligo dell’istruzione fino al quindicesimo anno d’età.
Si tratta di un dato su cui varrebbe sicuramente la pena riflettere. E forse utile a spostare le energie che da anni si spendono per prevenire il sempre troppo alto fenomeno degli abbandoni scolastici precoci. Non bisognerò, comunque, partire da zero. Ma da quel solco profondo di collaborazione tra scuola e forze dell’ordine che già investe molteplici profili, soprattutto di natura preventiva e formativa: già da tempo infatti sono avviati periodici incontri tra alunni e rappresentati dell’Arma nell’ambito del “Progetto Legalità”.
L’aspetto che aggrava ulteriormente la situazione di Monreale è che tranne tre casi, tutti gli studenti segnalati avrebbero dovuto frequentare la scuola media inferiore: quindi stiamo parlando di ragazzi che in taluni casi hanno poco più di 12 anni.

Secondo gli esperti, che stanno seguendo il caso, il dato sulla giovanissima età “è particolarmente interessante per comprendere come, in alcuni contesti sociali, si miri alla semplice alfabetizzazione primaria, avvertita come necessaria al vivere quotidiano, e si rinunci già a quella secondaria a fronte, in molti casi, di un impiego in nero”.