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Adolescence, docenti e genitori possono impedire gli atti violenti dei ragazzi? La serie tv che gli adulti dovrebbero vedere

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Una nuova serie tv pubblicata su Netflix lo scorso 13 marzo, Adolescence, sta spopolando, come scrivono La Repubblica e Vogue. La storia al centro del thriller è in parte ambientata in una scuola: il protagonista è infatti uno studente inglese di tredici anni che viene accusato di aver ucciso una sua compagna.

La miniserie, in quattro episodi, cerca di sviscerare il mondo degli adolescenti di oggi, dal punto di vista degli adulti, docenti, insegnanti e psicologi. Il tema principale è la violenza e la devianza giovanile, il rapporto tra giovani e adulti e, perché no, il mondo dei social nell’epoca del giudizio costante e del chiacchiericcio online.

Adolescence, la trama

Adolescence si apre con una tranquilla cittadina britannica sconvolta da un tragico evento: il ritrovamento del corpo di Katie Leonard, una quattordicenne molto conosciuta e benvoluta, in un parco locale. Poco dopo, Jamie Miller (Owen Cooper), un ragazzo di tredici anni, viene arrestato con l’accusa di omicidio.

La storia segue la famiglia Miller – Eddie (Stephen Graham), Manda (Christine Tremarco) e Lisa – mentre affrontano lo shock dell’accusa contro Jamie e le conseguenze devastanti sulla loro vita quotidiana. La comunità, inizialmente solidale, si trasforma rapidamente in un ambiente ostile, con i media e i social network che alimentano teorie e condanne pubbliche ancora prima dell’inizio del processo.

Parallelamente, la serie esplora il punto di vista degli investigatori e degli psicologi coinvolti nel caso, cercando di capire cosa possa aver portato un ragazzo apparentemente normale a un atto così estremo. È davvero colpevole o si tratta di un errore giudiziario?

Ci si chiede anche e soprattutto: qual è il ruolo di docenti e genitori, che si sentono inermi? Si possono prevenire eventi tragici del genere? Si possono impedire gli atti violenti dei figli o degli alunni o più di tanto non si può fare?

Come scrive Wired, genitori e docenti in questa serie sono così scollati dalla realtà vissuta da studenti e figli che non solo non li capiscono, non hanno nemmeno gli strumenti per farlo.

L‘ideatore, Stephen Graham, ha detto di aver prodotto questa serie perché non riusciva a venire a capo delle notizie di cronaca nera che leggeva. “Speriamo di porre la questione abbastanza bene da far sì che inneschi una conversazione tra genitori e figli”, ha detto.

Adolescence e lo spaccato sulla scuola

La scuola è protagonista soprattutto nell’episodio due: dopo l’accusa nei confronti del giovane, i poliziotti vanno proprio a visitare l’istituto frequentato da lui e dalla vittima. Qui trovano una situazione molto critica: i docenti sembrano essere in difficoltà tra ragazzi bullizzati e indisciplinati. Come riporta Il Foglio, si vedono solo “insegnanti esauriti che sanno solo minacciare sospensioni”.

In particolare, indagando tra i ragazzi, scoprono che la vittima aveva scritto sui social che il ragazzo accusato, Jamie, fosse un incel.

Incel, cosa significa?

Ma cosa sono gli incel? Gli incel sono “involuntary celibate”, ossia “celibi involontari”. Treccani li definisce così: “Persone, generalmente di sesso maschile, che, pur desiderandolo, non riescono a instaurare relazioni affettive e sessuali e covano sentimenti di frustrazione e di rivalsa”.

Per loro la colpa è solo dell’altro sesso. Dunque, la reazione è improntata alla rabbia nei confronti delle donne, alimentando una visione misogina e molto violenta. Si tratta di un fenomeno arrivato dagli Stati Uniti, dove è nato negli anni Novanta in contesti on-line (il termine è stato coniato nel 1997), che ha sviluppato nel corso dei decenni una ideologia misogina.

Dietro questi uomini, spesso giovanissimi, si nascondono storie di bullismo, di discriminazione, di pressione sociale e di isolamento. Dai loro discorsi emergono spesso propensioni suicidarie e autolesioniste, comportamenti che, insieme ai suicidi-omicidi, vengono peraltro incoraggiati dai medesimi appartenenti a questi gruppi.

Come detto, il loro campo d’azione è il web. Durante la pandemia l’attività sulla rete si è rafforzata. Gli incel alimentano la propria frustrazione su appositi forum, ma anche su social media mainstream, come X, Facebook e YouTube, per arrivare alle chat di Telegram, o in altri angoli più remoti del web. Sono gruppi molto chiusi e in cui è difficile entrare se non attraverso una sorta di “esame”. Assolutamente impossibile, per ovvie ragioni, la partecipazione delle donne.

Quando si parla di educazione sessuale o affettiva non si può ormai ignorare la presenza di concetti e subculture del genere.

Le reazioni

Insomma, per molti questa serie è da vedere per capire davvero come funziona il mondo degli adolescenti. Secondo molti dovrebbero vederla tutti gli adulti. Ecco alcune reazioni:

“Ho visto la serie Adolescence su Netflix. Un mondo su cui riflettere e che coinvolge tutti: il ruolo dei genitori, degli insegnanti, degli psicologi, l’atteggiamento dei padri nei confronti delle donne, i social. Sconvolgente. Mi piacerebbe sapere pareri di educatori e psicologi”.

“Adolescence viviseziona il disagio dei giovani, la pressione e le colpe dei social media, il ruolo e la responsabilità genitoriale, l’influenza dei modelli maschili, le criticità della scuola, le difficoltà degli insegnanti, l’imperscrutabilità del male”.

“Un femminicidio, la distanza siderale tra genitori e figli, la tossicità del mondo che abitiamo. Adolescence, la mini serie inglese in quattro episodi (Netflix) è un viaggio emotivo imperdibile”.

“Adolescence è un gioiello di serie TV, dura, non risparmia nulla, non giustifica, è graffiante. Ed è un monito, parlate con i vostri figli, con i vostri alunni, perché i cattivi maestri sono dietro l’angolo. O dentro a uno schermo dato senza controllo”.