
“Il numero degli alunni per classe non fa la differenza” sugli apprendimenti degli stessi allievi: “studi dell’Invalsi ci confermano che quando il rapporto docenti-studenti è troppo basso il rendimento non migliora, anzi peggiora”. A dirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara durante il Forum Welfare Italia organizzato da The European House Ambrosetti.
Il riferimento del responsabile del dicastero bianco si riferisce, in particolare, ad un recente studio dell’Invalsi sulle classi numerose, dal quale risulta che queste non causerebbero necessariamente risultati di apprendimento peggiori: anzi, sempre secondo l’istituto nazionale di valutazione in alcune circostanze le classi più piccole potrebbero fare riscontrare un rendimento inferiore rispetto a quelle più grandi.
Quello evidenziato dall’Invalsi, tuttavia, è un risultato che potrebbe anche non essere collegato direttamente alla presenza minore di discenti iscritti in classe, ma alla provenienza socio-economica degli alunni e alla presenza di territori particolari: spesso, infatti, le classi meno numerose sono quelle concesse, in deroga, perché allestite in zone montane, piccole isole o con disagi di vario genere, che comportano anche minori chance di crescita per i cittadini residenti e quindi pure per i giovani che poi frequentano le scuole.
E in questi contesti, dove spesso le classi sono formate anche con numeri ridotti di iscritti, quindi gli apprendimenti sarebbero in qualche modo “segnati” dall’ambiente più che dall’organizzazione scolastica.
Il titolare del Mim ha aggiunto, riporta l’Ansa, che questo dicastero ha “dato più docenti alla scuola per dare più attenzione e potenziamento ai singoli, per garantire percorsi personalizzati di recupero”.
Quindi, Valditara ha tenuto a dire che “se guardiamo quanto si spende per l’istruzione scolastica dai 3 ai 18 anni troviamo che la situazione italiana è migliore di quanto viene spesso rappresentata: l’Italia con il 3,2% del Pil è in linea con la media Ue e superiore a Paesi come la Germania e la Spagna. Questo è un dato significativo, la Germania come spesa pubblica per l’istruzione spende meno rispetto a noi. L’investimento in Italia crolla nella spesa privata: i privati all’estero investono molto di più nella formazione rispetto all’Italia, che è fanalino di coda”.
A livello nazionale, ha sottolineato il Ministro, “abbiamo avviato il progetto di Agenda sud e Agenda nord che ha destato l’interesse dell’Ocse che l’ha considerata una buona pratica da suggerire ai paesi con problemi simili ai nostri. Se andiamo a guardare gli ultimi test Ocse Pisa sulla matematica abbiamo alcune performance nel Nord Italia superiori a tutti i paesi europei; questo significa che è un problema sociale, non di qualità della scuola italiana; Agenda Sud dimostra la propria attualità perchè coinvolge i genitori dei fragili e quest’anno raddoppiamo le risorse: oltre 1 miliardo di euro per 1.200 scuole; contiamo nei prossimi anni di avere risultati interessanti”.
Valditara ha quindi spiegato che l’amministrazione intende “continuare ad investire sul rapporto tra scuola e territorio, con una scuola sempre più aperta durante la giornata, capace di coinvolgere gli studenti, con un potenziamento dell’organico, non con la riduzione del numero degli studenti che si è rivelata una scelta che non dà risultati positivi. L’aumento dell’organico serve per la personalizzazione della didattica, per i ragazzi che hanno ritardi e problematiche in alcune materie; questa è la strada da perseguire a mio avviso”.
Allargando l’analisi, anche alla denatalità che porta via delle scuole oltre 100mila iscritti l’anno, Valditara ha ricordato che “il nostro paese sconta anche il fatto di avere pochi giovani, quindi scende anche la spesa per l’istruzione. Un altro dato importante è il rapporto docente/studente: nella primaria siamo tra i paesi con il rapporto più basso; nelle medie siamo poco sotto la media Ue, alle superiori siamo nel range basso. Quindi l’Italia deve spendere di più, l’investimento in istruzione è fondamentale ma i dati ci dicono che gli scenari catastrofisti non corrispondono alla realtà del sistema scolastico”.
Il ministro dell’Istruzione ha quindi fatto riferimento agli “investimenti negli asili nido”: su questo fronte, ha detto, “abbiamo recuperato posizioni importanti: nel 2025 abbiamo raggiunto e superato il target di Barcellona e superato il target di 150mila nuovi posti concordato con l’Ue”.
Infine, il Ministro ha parlato degli “abbandoni scolastici”, che “crollano se andiamo a considerare le riflessioni e le proiezioni di Invalsi e scopriamo che nel 2025 la dispersione esplicita sarebbe scesa all’8,3% e anche quella implicita è diminuita rispetto al 2022, con differenze significative: nelle scuole coinvolte da Agenda sud i risultati positivi in Puglia sono tre volte rispetto a quelli delle scuole non coinvolte e due volte in Campania”.




