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Assistere un parente disabile è una colpa?

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Pubblichiamo un intervento della Cub scuola del Piemonte che denuncia la pressione di alcuni DS nei confronti del personale scolastico che usufruisce dei permessi della legge 104.

“Il lavoratore e la lavoratrice, docente o ATA, in servizio presso l’Istituto di Istruzione Superiore “Giuseppe Peano” di Torino quando compila la domanda per i permessi necessari all’assistenza di un familiare disabile previsti dalla legge 104 scopre, nel modulo che deve compilare, due dichiarazioni da sottoscrivere.
Vale la pena riportarle: dunque, il lavoratore deve affermare di
– essere consapevole che le agevolazioni sono uno strumento di assistenza del disabile e pertanto il riconoscimento delle stesse comporta la conferma dell’impegno – morale oltre che giuridico – a prestare effettivamente la propria opera di assistenza;
– essere consapevole che la possibilità di fruire delle agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano per l’effettiva tutela dei disabili.
FORMALMENTE, si tratta di un’ovvietà: nessun lavoratore e nessuna lavoratrice, presso l’IIS “Peano” o altrove, immagina che i costi per l’assistenza dei disabili siano coperti con donazioni di Babbo Natale. Ma, appunto perché è un’ovvietà che non serve ricordare, si tratta, SOSTANZIALMENTE, della manifestazione di una radicale mancanza di rispetto nei confronti di persone che, avendo un parente disabile, si trovano senz’altro in uno stato di difficoltà oggettiva e che esercitano un diritto e godono di uno dei pochi benefici che lo Stato mette a disposizione delle famiglie con disabili.
Tenuto conto dell’età media straordinariamente alta del personale della scuola è altrettanto naturale che l’assistenza a genitori tra gli ottanta e i novanta anni sia un caso abbastanza frequente.
E molto spesso  ad occuparsi di loro sono figli attorno ai sessanta anni. È pure naturale che come sindacato non difenderemmo mai chi abusa della Legge 104, facendosi riconoscere invalidità inesistenti.
In ogni caso, è compito dell’amministrazione individuarli senza indulgere in colpevolizzazioni generalizzate.
Contestiamo quindi un certo modo di intendere il ruolo di Dirigente Scolastico e condanniamo il far pressione e l’adombrare un dubbio che a tutto serve tranne che a favorire l’ordinato e sereno svolgimento dell’attività educativa, perché, di certo, lavoratori che si sentono considerati dei potenziali truffatori non sono posti nelle condizioni migliori per svolgere il proprio compito.
PERTANTO CHIEDIAMO CHE LA QUESTIONE VADA POSTA IN TUTTA LA SUA COMPLESSITÀ, NEL RISPETTO DEL LAVORATORE E DEI PROBLEMI LEGATI ALLA DISABILITÀ. E NON POSSIAMO CHE STUPIRCI DEL FATTO CHE UNO STATO CIVILE ABBIA FAVORITO IN MODO EPISODICO ED ARBITRARIO L’USCITA DAL LAVORO DI PERSONE CHE, SUPERATI I SESSANT’ANNI, ABBIANO PASSATO ANNI DELLA LORO VITA AD ASSISTERE PARENTI NON AUTOSUFFICIENTI”.