Home I lettori ci scrivono Bidelli, collaboratori o operatori?

Bidelli, collaboratori o operatori?

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No, non subito, al contrario prima si frapponeva tra loro e me una certa diffidenza, non subito ma, nel tempo, ho imparato ad apprezzare l’opera dei collaboratori scolastici (un tempo bidelli), soprattutto quando, per ragioni economiche, il loro numero (forse un tempo eccessivo) è stato notevolmente ridotto.
Ho ammirato il loro lavoro continuo, silenzioso, poco appariscente e per molti per nulla ‘altolocato’ (se visto con occhi di superficialità e spesso ingiustificata superiorità), ma imprescindibile per la vita di una scuola.
Non consideriamoli lavoratori di serie B, semplicemente lavoratori che nella scuola svolgono determinati compiti e, senza di loro (ricordiamocelo), la scuola chiude.
Anzi, più che lavoratori, veri professionisti incaricati di svolgere determinati e non pochi compiti di una non superflua rilevanza: accoglienza, sorveglianza e vigilanza degli alunni, concorso in accompagnamento degli alunni fuori dai locali della scuola, sorveglianza serale (e notturna) nelle scuole con semiconvitto o convitto, riassetto camere convittori, compiti di carattere materiale laddove vi siano servizi di mensa e cucina, interventi di piccola manutenzione, servizi interni o esterni di carattere amministrativo, pulizia locali ed arredi, assistenza agli alunni diversamente abili, piccole ‘operazioni’ di pronto soccorso.
A tutto ciò (ricordiamo anche la possibilità di assumere incarichi ‘specifici’) si devono aggiungere le valide competenze relazionali a loro richieste per interagire correttamente ed efficacemente con il Dirigente scolastico, il D.S.G.A., i docenti, gli operatori della segreteria e gli alunni (quanti alunni trovano nei collaboratori scolastici dei confidenti o dei veri e propri amici). Insomma, senza esagerare, i ‘bidelli’ sono l’elemento che tiene unita la scuola, il collante che permette alla ‘macchina’ dell’educazione di ben funzionare. Nonostante questo (o proprio per questo) il Ministero, nel proseguimento di un’ampia e gerarchizzante riforma del sistema scolastico, ha deciso (a partire dal 2026 e se ci sarà l’approvazione dei sindacati) di ridurre nuovamente e sensibilmente la presenza dei Collaboratori scolastici per far posto ad un’altra figura ‘educativa’, l’Operatore scolastico, destinato ad occupare un livello più alto (forse più giuridicamente che economicamente) rispetto al semplice Collaboratore.

L’Operatore scolastico dovrà possedere un attestato di qualifica professionale di Operatore di servizi sociali e la certificazione internazionale di alfabetizzazione digitale (a cui si aggiungerà, pensiamo, anche una certificazione linguistica, cioè l’inglese). Al momento vengono proposti o accettati dei titoli di studio alternativi, ma non troppo dissimili a quelli ‘ufficiali’, a condizione che siano corroborati da una pluriennale esperienza nell’area dei Collaboratori scolastici. L’Operatore scolastico (per quanto si è capito) avrà quindi delle responsabilità in più rispetto al Collaboratore scolastico.

Ma, in sostanza, quali saranno i suoi compiti? Accoglienza e sorveglianza, pulizia dei locali, custodia e sorveglianza, collaborazione con i docenti (cosa significa esattamente?), vigilanza degli alunni, assistenza agli alunni diversamente abili, supporto ai servizi amministrativi e tecnici. Per quel poco che possiamo cogliere non sembra esistere una grande differenza tra i compiti dei Collaboratori e quelli degli Operatori.

Ci chiediamo allora se era veramente necessaria questa operazione di ‘ristrutturazione’ verticale (o verticistica?) del personale scolastico non docente e se, nel ‘desiderio’ incontenibile di cambiare, non si potesse agire diversamente. Ora molti Collaboratori scolastici hanno un diploma di maturità (e magari qualcosa di più), moltissimi hanno ottemperato al dovere della scuola dell’obbligo (quindi un biennio delle superiori), tanti, è vero, si sono fermati alla terza media (ma ormai sono indirizzati alla pensione… forse). Tutti, comunque (o quasi tutti), in questi anni hanno seguito corsi di ogni tipo (imposti dall’“Alto” e sempre relativi alle problematiche scolastiche o alle competenze necessarie in una scuola, da quelle più educative-relazionali a quelle più tecniche-informatiche, per finire con gli ‘studi’ relativi alla sicurezza e alla salute). Hanno seguito corsi e, come tutti coloro che ‘vivono’ nella scuola, altri ne seguiranno. Si poteva dunque, con una semplice operazione nominalistica, operare un cambiamento di nome insieme ad una maggiore considerazione economica.

Trasformare tutti i Collaboratori in Operatori e continuare ad aggiornarli, qualora se ne fosse ravveduta la necessità. Per il futuro poi, il titolo per accedere ai concorsi per Collaboratori/Operatori sarebbe stato il primo biennio delle superiori, prevedendo, eventualmente, appositi corsi di formazione per i neoassunti. Mi rendo conto, però, quanto le mie proposte siano ingenue.
Chissà quali profonde, recondite e misteriose motivazioni hanno portato i ‘sapienti’ ad agire così! Certamente motivi più che validi che io, anziano docente (ormai da rottamare), non potrei mai capire. Non vorrei però (con tutto il rispetto) trovarmi in classe un Operatore scolastico prodigo di consigli e proposte sulla didattica. Già mi donano pareri e proposte metodologiche psicologi, psicanalisti, educatori e colleghi di sostegno. Un aiuto utile, indiscutibilmente, ma ‘so sbagliare da solo’. In fondo, però, è comprensibile ‘qualche’ cambiamento.

Bisogna sempre presentare qualcosa di nuovo e di migliore (teoricamente) al ‘pubblico’ per continuare a ricevere applausi.

Andrea Ceriani