
Almeno la prima parte del mese di luglio sarà caratterizzata da temperature che supereranno di 7-8 gradi le medie stagionali, fino a toccare punte di 40°C in molte aree urbane. Le previsioni dei prossimi giorni fanno riflettere sulla mancanza di misure adeguate, anti-caldo, da adottare nei luoghi di lavoro. E tra questi figurano certamente anche le scuole, visto che oltre il 90 per cento ne è sprovvisto del tutto.
Nelle stesse ore in cui Marine Le Pen, l’esponente del Rassemblement National (RN), uno dei partiti di estrema destra, sostiene che “è giunto il tempo che la Francia dispieghi un grande piano di equipaggiamento per l’aria condizionata”, da parte del Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani giungono parole di “forte preoccupazione per le condizioni meteorologiche estreme che stanno investendo il Paese e che, secondo le ultime proiezioni, continueranno per tutta la prima parte del mese di luglio”.
“Questo scenario – continua il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani – impone un’immediata riflessione sul sistema scolastico italiano e sulla capacità delle strutture educative di garantire, anche in estate e in fase di avvio dell’anno scolastico, condizioni ambientali compatibili con i principi costituzionali di tutela della salute, dell’integrità psicofisica e del diritto all’istruzione”.
Il Coordinamento chiede “l’avvio urgente di un piano nazionale per l’adattamento climatico delle scuole, con priorità per le Regioni del Centro-Sud; l’intervento diretto del ministro dell’Istruzione e del Merito, per predisporre misure straordinarie in vista dell’anno scolastico 2025/2026, con attenzione prioritaria agli edifici scolastici privi di climatizzazione; in alternativa alla climatizzazione meccanica, l’adozione di interventi a basso impatto energetico e immediatamente attuabili“.
Nei giorni passati il sindacato Anief aveva chiesto di potere affrontare il problema della morsa del caldo, iniziando le lezioni di avvio dell’anno scolastico dal 1° ottobre uniformemente su tutto il territorio nazionale: un ritorno al passato, a quando l’avvio ritardato in autunno era una prassi, che sembra avere riscosso molti consensi tra gli addetti ai lavori. Ma almeno per ora non da parti di chi governa la scuola, che dovrebbe anche fare i conti con i 200 giorni minimi di attività formativa.