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Cgil-Flc contro Brunetta: “Si preoccupi dei precari anziché dei fannulloni”

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Sono bastate poche dichiarazioni del neo-ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta per spingere i sindacati a dare fuoco alle polveri e ad aprire la polemica con il nuovo Governo sui problemi del lavoro e del pubblico impiego in particolare.
Brunetta è stato decisamente duro e le sue dichiarazioni sono state subito interpretate come una provocazione: nella mattinata del 12 maggio, al Forum della Pubblica Amministrazione, il Ministro ha detto che bisogna “licenziare i fannulloni” (“colpirne uno per educarne cento” ha aggiunto in serata nel corso della trasmissione “Porta a porta”) e che bisogna arrivare ad un grande patto con sindacati e dipendenti pubblici “per dare finalmente risposte ai bisogni dei cittadini”).
Immediate le repliche dei sindacati.
Angeletti, segretario nazionale della Uil ha dichiarato: “Noi difendiamo le persone che lavorano, che si ammalano sul serio e cerchiamo di eliminare gli abusi” e anche Paolo Nerozzi, senatore del Pd ed ex sindacalista Cgil, si è detto favorevole alla proposta di licenziare i dipendenti pubblici che non lavorano.
Molto secco, al contrario, il commento di Enrico Panini, segretario nazionale di Cgil-Flc, che ha dichiarato: “Avremmo anche voluto sapere dell’impegno del Ministro Brunetta per chiudere rapidamente i rinnovi contrattuali pubblici ancora aperti e scaduti da 29 mesi, e non sono pochi, e per predisporre rapidamente gli atti indispensabili per avviare le trattative per il secondo  biennio”.
“Così come – ha aggiunto il segretario di Flc – avremmo voluto conoscere, per quanto riguarda il precariato, l’impegno a licenziare rapidamente tutti gli atti necessari per sbloccare le immissioni in ruolo”.
“Invece – conclude Panini – da giorni, l’unico argomento sul quale siamo informati sono i “fannulloni”, questione sulla quale esistono già le norme per intervenire senza indugi”.
Il fatto è – sostiene Brunetta – che è pur vero che le norme ci sono ma è altrettanto vero che nel pubblico impiego (e nella scuola in particolare) i licenziamenti si contano sulle dita di una mano e che molto spesso l’Amministrazione non riesce ad intervenire né con tempestività con efficacia.
Un esempio – accaduto in una scuola del nord – può servire per chiarire il punto: a carico di un collaboratore scolastico viene aperto nell’ottobre 2006 un procedimento disciplinare che – dopo audizioni, relazioni e controrelazioni – si conclude qualche mese dopo con una sanzione molto contenuta (due ore di multa).
Il provvedimento viene trasmesso agli organi competenti e quindi anche all’Ente pagatore (Direzione provinciale del Tesoro) che dopo un altro buon numero di mesi opera la trattenuta del caso; ad aprile del 2008 la scuola riceve infine un assegno di poco più di 14 euro che – secondo quanto previsto dal contratto nazionale – devono essere utilizzati per attività sociali a favore degli alunni
Ovviamente la scuola deve incassare il preziosissimo assegno, fare una regolare variazione al Programma Annuale, deliberare, e via scartoffiando.
Se le procedure sono queste non c’è da stupirsi se molto spesso nel pubblico impiego si preferisce lasciar correre anziché attivare procedimenti che hanno un costo infinitamente superiore ai modesti risultati che consentono di raggiungere.