ChatGPT, sbagliato proibirlo agli studenti: se lo usano di nascosto non hanno consapevolezza, i docenti s’aggiornino per spiegarne i limiti. Intervista al prof. Agrusti

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L’uso di ChatGPT necessita di consapevolezza, perché comporta limiti e trappole: gli insegnanti devono avere gli strumenti per diventare alleati degli studenti e praticare assieme a loro un utilizzo ragionato dell’intelligenza artificiale. A dirlo alla “Tecnica della Scuola” è Francesco Agrusti, professore di Pedagogia sperimentale all’Università Roma Tre: al termine di un intervento tenuto nello stesso ateneo, durante un congresso sull’intelligenza artificiale, il professore ha ricordato che tra le sette sfide che occorre affrontare per migliorare l’efficacia degli strumenti innovativi che producono informazioni scritte attraverso una serie di algoritmi, c’è anche l’esigenza di promuovere “l’aggiornamento dei docenti”.

“Dobbiamo riuscire a formarli – ha detto Agrusti – per fargli acquisire consapevolezza, perché questi strumenti esistono, scrivono per noi, anche se non benissimo, ma comunque lo fanno e i nostri studenti li stanno già utilizzando. E lo fanno di nascosto, perché rimangono proibiti”.

Invece, bisognerebbe farsene una ragione e “spiegare loro i limiti di queste macchine, a partire dai problemi di privacy e plagio, ma anche dall’esigenza di supere i pregiudizi che ci sono all’interno di questi sistemi, partendo da un dato: il testo generato non è mai neutro”, ha sottolineato l’esperto di Pedagogica sperimentale.

L’intervista

Professore, come evolve l’idea del plagio?

L’idea – ha detto Agrusti – è che io ho riassunto un po’ di letteratura in sette punti cruciali che bisogna affrontare per portare l’intelligenza artificiale nel mondo della scuola e nel mondo dell’istruzione in generale. Tra questi sicuramente mi permetto di ricordare l’importanza della privacy e dei nostri dati: in che server e dove vanno quando utilizziamo questi sistemi. Ma c’è anche la trasparenza di questi sistemi e sicuramente il plagio, ovvero le nuove sfide che ci portano a chiederci chi ha scritto cosa e in che modo.

A tal proposito ritengo fondamentale un aggiornamento dei docenti in virtù del fatto che dobbiamo cercare in qualche modo di riuscire a formarci, ma anche di aprire il nostro punto di vista. Ovvero l’idea è che adesso volenti o nolenti, ci sono questi strumenti che scrivono, scrivono per noi non benissimo, ma comunque lo fanno e che i nostri studenti li stanno già utilizzando.

L’idea è che quando utilizzate questi strumenti, la prima domanda che ci dobbiamo porre è effettivamente non chi ha scritto, ma in che modo lo strumento ha aiutato lo studente. L’unico modo per saperlo è chiederlo allo studente e soprattutto interfacciarsi con lui o con lei, per cercare di spiegare loro non solo il problema delle idee nuove, della creatività e delle citazioni, ma anche quello che viene definito il post-plagio: aiutarlo, aiutarla, a utilizzare questi strumenti per una scrittura collaborativa uomo-macchina che porti in qualche modo un vantaggio alla società, che un domani li ospiterà nel lavoro e quindi nella quale utilizzeranno questi strumenti.

Agrusti, in definitiva sembra di capire che il plagio non può essere condannato; però molti insegnanti si oppongono oggi all’utilizzo nascosto e sibillino di Chat GPT da parte degli studenti?

Assolutamente sì, ma il nascosto purtroppo proviene da un proibizionismo. Quindi, se noi proibiamo in qualche modo l’utilizzo dello strumento, poi colui o colei che ne fa uso non ce lo verrà a dire. Mentre, invece, in realtà occorre attuare un utilizzo manifesto e spiegare loro i limiti di queste macchine.

Un’altra sfida è riconoscere i pregiudizi che ci sono all’interno di questi sistemi e quindi l’idea che un testo generato non sia poi neutro, ma anche solo l’applicazione di questa tecnologia al mondo dell’istruzione non è di per sé neutra.

Ebbene, l’idea è che in qualche modo i docenti si devono far portavoce di una nuova consapevolezza di utilizzo di questi strumenti e quindi usarli con i loro studenti, con le loro studentesse, cercare di spiegare loro perché questi sistemi possono fallire e fino a dove possono aiutare e dove invece potrebbero rappresentare una minaccia.

È una bella sfida, ma serve una consapevolezza che passa per la formazione degli insegnanti. O no?

La formazione dei docenti che per quanto mi riguarda rimane il punto cruciale che dovrebbe essere all’attenzione di qualsiasi Governo, di qualsiasi schieramento politico: l’idea è quella di formare il corpo insegnanti per dare al docente formato la possibilità di riuscire a insegnare in modo consapevole ai propri studenti e in modo, più responsabile. Perché parlare di qualcosa che si è studiato è completamente diverso rispetto a parlare di qualcosa per un utilizzo personale o per una semplice passione hobbistica. La formazione è la chiave ed è la formazione dei nostri studenti, ma anche soprattutto dei nostri docenti.