
Ieri sono stati presentati di dati Invalsi e Tecnica della Scuola ne ha fornito un’ampia e dettagliata sintesi.
Sui dati Invalsi è intervenuto anche il Ministro Valditara sostenendo che finalmente il dato della dispersione scolastica esplicita è diminuito scendendo sotto il 10% avvicinandosi così al target europeo fissato al 9%. Non possiamo che essere felici di questo dato. Un fatto che è stato raggiunto anche grazie agli ingenti finanziamenti PNRR finalizzati proprio alla lotta alla dispersione mediante una serie di attività che vedono nella personalizzazione il proprio focus.
Soldi ben spesi, dunque.
Ma chi misura la dispersione scolastica?
Non possiamo tuttavia non notare (lo fanno anche Gianna Fregonara e Orsola Riva oggi su Il Corriere della Sera) che di per sé l‘Invalsi NON misura i dati della dispersione esplicita ma quelli della dispersione implicita, (ovvero il numero degli studenti che completano il proprio percorso di studi senza però aver raggiunto le competenze di base adeguate, nelle materie monitorate da Invalsi – cosi ne parla Openpolis).
Questi dati sono infatti misurati da un lato dall’Istat e dall’altro dal MIM stesso.
Lo spiega molto bene il “documento di studio e proposta” intitolato “La dispersione scolastica in Italia: uno studio multifattoriale” elaborato dall’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (sotto la guida di Arduino Salatin), pubblicata nel 2022 e disponibile in rete (link).
Del resto lo stesso ministero, nella nuova rubrica “Facciamo chiarezza”, il 1° luglio è intervenuto per correggere il dato riportato da un articolo di La Ragione (che riportava dati riferiti al 2023) spiegando che l’ultima rilevazione disponibile (2024) dice che la dispersione scolastica è scesa nel 2024 al 9,8%. Non si scrive chi sia l’autore dell’ultima rilevazione disponibile ma trovare la fonte è facile: si tratta dell’Istat che nel rapporto 2025, capitolo 2, scrive appunto che la dispersione è scesa al 9,8%.
Insomma, l’Invalsi non c’entra.
Molto probabilmente, però, nel corso di una conferenza stampa che ha presentato dati piuttosto preoccupanti sullo stato dei livelli di istruzione in Italia occorreva trovare qualcosa di positivo a cui ancorarsi.
E questo qualcosa è stato il dato Istat sulla diminuzione della dispersione.
Dati Istat, non Invalsi. L’Invalsi misura la dispersione implicita. E questa non pare proprio calare.




