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Chiamata diretta, i sindacati: Miur arrogante, la scuola non è il mercatino dei titoli

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“Il negoziato è saltato a causa dell’inflazione di requisiti che il Miur avrebbe preteso di inserire nell’accordo: di questa scelta il ministro porta per intero la responsabilità”.

Commentano così, duramente, i sindacati – con un comunicato unitario sottoscritto da Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Confsal – la rottura delle trattative, probabilmente definitiva, per giungere ad un testo concordato sulla chiamata diretta.

Per le organizzazioni sindacali, “sebbene oggi ci sia stato accordo sulle procedure”, quello messo un atto dal Miur è stato “un atteggiamento arrogante che contraddice l’intesa politica raggiunta nei giorni scorsi e le premesse su cui è stata costruita facendo venir meno le garanzie di imparzialità delle procedure concordate”.

“Si vuole trasformare la scuola – continuano i sindacati – in una sorta di mercato delle competenze più disparate: dagli incarichi organizzativi alla progettazione per bandi ai collaboratori del dirigente scolastico”. Si tratterebbero, prosegue il comunicato unitario, di “una pletora di requisiti e di titoli che poco hanno a che vedere con il passaggio dei docenti dagli ambiti alle scuole”.

Per Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Confsal non si poteva cedere dinanzi alla prospettiva di “un sistema dei requisiti, raccolti a caso e in un numero così eccessivo, non può funzionari: ci hanno presentato un album di figurine”. 

E ancora: “quello a cui noi miriamo – continuano i sindacati – è un sistema efficace, capace di far incontrare i bisogni delle scuole, definiti collegialmente, con la professionalità dei docenti, evitando eccessi di concorrenza inutile e dannosa tra le scuole e tra gli insegnanti”.

“Serve un percorso che abbia come punti centrali la trasparenza delle procedure e l’oggettività dei requisiti stabiliti a livello nazionale, dando anche ai dirigenti punti di riferimenti chiari con cui operare. Questo rimane il nostro obiettivo. Non accetteremo passivamente – concludono – misure che siano lesive della dignità professionale degli insegnanti”.

 

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