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Competenze di lettura: le bambine e i bambini italiani conseguono risultati ottimi nelle ricerche internazionali

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Le bambine e i bambini italiani risultano avere «competenze di lettura» tra le più alte tra i bambini dei paesi studiati dalla ricerca Pirls 2021.
Pirls (Progress in International Reading Literacy Study) è un’indagine condotta ogni cinque anni dalla Iea (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), un organismo che riunisce istituti di ricerca nazionali, agenzie di ricerca governative, studiosi e analisti per condurre studi comparativi su larga scala sull’istruzione in tutto il mondo al fine di «agli educatori, ai responsabili politici e ai genitori informazioni sul rendimento degli studenti».
La graduatoria presentata il 16 maggio è quella che emerge dall’indagine è stata realizzata nel 2021 su studenti al quarto anno di scuola con l’obiettivo di misurarne la literacy, ovvero la capacità di comprendere e utilizzare il linguaggio scritto.

In un approfondimento pubblicato su lavoce.info Andrea Gavosto e Barbara Romano della Fondazione Agnelli evidenziano come le competenze misurate in bambini di quarta primaria  siano particolarmente «importanti in questo stadio della scolarizzazione, in cui si passa dall’apprendere a leggere al “leggere per apprendere”, e che quindi condizionano gli sviluppi successivi».

L’indagine misura i quattro processi che i pedagogisti usano per stabilire le competenze di lettura: 

  1. «Ricavare informazioni e concetti esplicitamente espressi nel testo».
  2. «Fare inferenze (cogliere significati e intenzioni non esplicitamente presenti nel testo)».
  3. «Interpretare e integrare informazioni e concetti».
  4. «Analizzare e valutare il contenuto, la lingua e gli elementi testuali».

I risultati degli alunni italiani rispetto a leggere, capire, interpretare e collegare sono «confortanti», spiegano Gavosto e Romano, perché «si collocano nelle posizioni più alte della graduatoria internazionale, con un valore pari a 537 punti, che supera di 10 punti la media internazionale dei 50 paesi partecipanti all’indagine». Un dato ancora più interessante se si tiene conto che l’età media dei nostri bambini è tra le più basse, «quasi un anno in meno rispetto ai tre Paesi europei (Finlandia, Svezia e Polonia) che hanno punteggi superiori ai nostri».

Tuttavia non tutto è oro ciò che luccica: il rapporto evidenzia infatti il permanere di un significativo divario tra nord e sud del paese.
La differenza tra le due aree è infatti di 36 punti, «equivalenti a 8 mesi di scuola» scrivono Gavosto e Romano. In pratica, è come se le bambine e i bambini settentrionali di 9 anni avessero frequentato un anno scolastico in più rispetto ai coetanei meridionali. Non solo: questo divario negli ultimi anni si è ampliato invece che ridotto: «a partire dal 2006 e 2011, le aree del Nord hanno iniziato a migliorare (con l’eccezione del 2021, per effetto del Covid) e il Sud e Isole a peggiorare. In particolare, il gap tra le due aree geografiche che conseguono il risultato migliore (Nord-Ovest) e il peggiore (Sud e Isole) è oggi triplicato: 36 punti nel 2021 rispetto a 12 punti nel 2006».

Altri elementi evidenziati dai due studiosi sono:

a) l’Italia conta meno studenti eccellenti rispetto ai Paesi con punteggi simili al nostro (solo il 7% contro il 15% circa);
b) le bambine evidenziano competenze di lettura maggiori rispetto ai bambini;
c) lo «status socioeconomico» influisce sul rendimento in lettura ma ciò che influisce di più la presenza o meno di esperienze pre-scolastiche di avvicinamento alla lettura nei bambini tra 0 e 6 anni. Il ruolo dei genitori è fondamentale: «mediamente 20 puntiseparano i bambini che hanno fruito di queste esperienze e quelli che non hanno avuto questa opportunità».
d) proprio tenendo conti di queste considerazioni Gavosto e Romano sottolineano da ultimo la lentezza con cui procede l’attuazione delle «Linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6» e degli «Orientamenti nazionali per lo 0-3», oltre alle «note e importanti difficoltà di attuazione del piano di investimenti per i nidiprevisto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (2,4 miliardi), soprattutto nelle regioni meridionali». I risultati dell’indagine Pirls, concludono, «confermano quanto sarebbe sbagliato non sfruttare questa occasione per ampliare i servizi educativi a vantaggio dei più piccoli».