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Competitività massima, bullismo fuori controllo e alto numero di suicidi: ‘the dark side’ del sistema scolastico giapponese

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Qualche mese fa ci siamo occupati del lato ‘luminoso’ del sistema scolastico giapponese: tasso di frequenza vicino al 100%, risultati scolastici, universitari ed accademici tra i migliori al mondo, popolo rispettoso dell’ambiente e delle regole.

Ma come suggerivano negli anni ’70 i Pink Floyd c’è anche il lato oscuro della luna, il famoso rovescio della medaglia, quell’aspetto leggermente più cupo che in qualche modo offusca l’immagine generale di un sistema, di un’istituzione. Occupiamoci, dunque, degli aspetti che rendono un po’ più opaco e un po’ meno esemplare il sistema scolastico giapponese.

Intanto, è proprio in Giappone che nasce il fenomeno degli hikikomori, studiato e denominato per la prima volta verso la fine degli anni Novanta dallo psichiatra Saitō Tamaki.

Perché proprio in Giappone? La rivista scientifica online kipjournal.it mette in evidenza che l’autoreclusione manifesta  la volontà, da parte di chi la pratica, di portarsi fuori da qualunque possibile percorso di vita “tradizionale” rifiutando di conformarsi alle regole che questo comporterebbe. Un’esistenza passivamente condotta tra le mura domestiche, implica pertanto un’implicita ribellione ai ruoli e alle carriere imposti/proposti agli individui a seconda della loro estrazione socio-economica e culturale. Ruoli e carriere che, in Giappone, sono rigidamente codificati e che prevedono percorsi preformati e improntati a un’estrema competitività che inizia fin dalla scuola primaria. Un Paese votato alla perfezione – sostiene il giornale – in cui il fallimento (scolastico, lavorativo, matrimoniale ecc.) ha uno scarsissimo margine di tolleranza. Su Raiscuola è possibile reperire un video dal titolo “La sindrome da prestazione”, in cui si mette in evidenza come anche gli atleti subiscano questa pressione: durante le Olimpiadi di Tokyo 2020 (svoltesi nel 2021 a causa della pandemia) il lottatore giapponese Kenichiro Fumita ha chiesto pubblicamente scusa alla Nazione per essere arrivato… Secondo, medaglia d’argento!

Ma torniamo alla Scuola. Secondo il sito hikikomoriitalia.it, mentre in Italia la scuola pubblica è la norma e la scuola privata un lusso per pochi, in Giappone le cose si invertono. Gli istituti privati sono diventati gli unici che consentono di ottenere un diploma spendibile nel mondo del lavoro. Così, i genitori spesso fanno enormi sacrifici per mandare i propri figli nelle scuole più care e prestigiose. La corsa agli istituti più eccellenti determina, a sua volta, esami di ammissione sempre più rigidi. Si capisce così perché il sistema scolastico giapponese sia chiamato shinken jigoku, che significa letteralmente “inferno degli esami”. Va da sé che l’eventuale insuccesso scolastico – un voto basso, un esame non superato, una bocciatura – sia vissuto dai ragazzi come una sconfitta personale che genera delusione nei loro genitori e crollo dell’autostima.

Se a questo si aggiunge il bullismo – altro fenomeno molto presente nella scuola giapponese – il quadro diventa ancora più fosco: come riportato dal quotidiano Avvenire, nel 2024 il numero di casi registrati nelle scuole elementari, medie e superiori ha raggiunto la quota record di 732.568.

Ecco spiegato – se non del tutto, almeno in larga parte – l’alto numero di suicidi tra adolescenti: la testata giornalistica swissinfo.ch riferisce che, secondo le rilevazioni preliminari del ministero della Salute giapponese, nel 2024, 349 studenti della secondaria di secondo grado si sono suicidati, ai quali vanno aggiunti 163 ragazzi e ragazze delle scuole medie inferiori e – ancora più difficile da accettare –  15 bambini delle scuole elementari. Tra le ragioni o i motivi che hanno spinto i ragazzi al gesto estremo, secondo la ricerca, i problemi scolastici, come voti bassi o l’incapacità di intravedere un percorso futuro.