Home Attualità Comprendere l’ebraismo: la prima cacciata dell’antichissima comunità ebraica da Roma imperiale

Comprendere l’ebraismo: la prima cacciata dell’antichissima comunità ebraica da Roma imperiale

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Può tornare utile aiutare i nostri studenti a comprendere, tramite la Storia, cosa sono gli Ebrei: un grande gruppo etnoreligioso, suddiviso in tantissime differenti comunità sparse per il mondo e derivanti dagli antichi Israeliti. Esempio più unico che raro ddi continuità culturale dal mondo antico a oggi, in oltre 3.000 anni di Storia. Con una “colpa”: essere ovunque una minoranza, con l’identità del luogo in cui vivono e con quella ebraica, e con una propria autonomia di culto, di tradizioni, di valori. Oggi noi sappiamo che la diversità è un valore, ma non è sempre stato così.

“Romani de Roma” autentici dal II secolo avanti Cristo

Le persecuzioni nei loro confronti esplodono col prevalere del cristianesimo, dopo che già la diaspora (dal greco diasporà, dispersione) li aveva da secoli diffusi in giro per il Mediterraneo, ove s’erano perfettamente e pacificamente integrati nelle città ospitanti. La comunità ebraica più antica al mondo, infatti, non si trova nei confini del moderno stato di Israele, ma in Italia, e precisamente nella sua Capitale, Roma, che nel II secolo a.C. era già caput mundi. Ne accenna la Bibbia nel libro I (8, 1-26) dei Maccabei: i fratelli che guidarono la rivolta contro il re seleucide Antioco IV Epifane, inviando poi ambasciatori a Roma per chiedere aiuto alla repubblica dei sette colli, già potentissima. Ne nacque un’alleanza tra Roma e i “Giudei”, sancita nel 161 e rinnovata nel 141 a.C.. Da allora una fiorente comunità ebraica prospera nell’Urbe. Sono loro, quindi, i veri “romani de Roma”, le cui tradizioni da sempre vivono nell’immaginario, nella parlata e nella gastronomia romaneschi.

La prima espulsione nel 139 a.C.?

Una notizia non certa (tramandata da compendiatori dell’opera di Valerio Massimo, ma non confermata da altre fonti) pone nel 139 a.C. la prima espulsione degli Ebrei da Roma, originatasi dall’accusa di voler corrompere il culto statale di Iuppiter con Iuppiter Sabazius, dio frigio a cavallo: i Romani lo avrebbero confuso col veterotestamentario Dio “Signore degli eserciti” (Sabaoth).

Di ciò tuttavia tace anche lo storico ebreo Giuseppe Flavio, che nella sua monumentale opera in greco Antichità giudaiche (20 libri) racconta la storia ebraica dalle origini alla guerra giudaica: la ribellione che nel 70 d.C. si concluse, dopo quattro anni di stragi, con la cruenta distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio, cui seguì la “grande diaspora” del popolo ebraico.

Una comunità stabile e perfettamente integrata per almeno due secoli ininterrotti

Dunque la notizia dell’espulsione del 139 a.C. è priva di fondamento. Cicerone (nell’orazione Pro Flacco, 66) e Plutarco (Vita di Cicerone) ci consentono di affermare che già prima del 70 a.C. esisteva a Roma da molto tempo una comunità ebraica numerosa e prospera. Gli Ebrei di Roma aumentarono quando Pompeo conquistò Gerusalemme (63 a.C.). Non è però vero che prima di quella data non fossero già a Roma stabilmente, come erroneamente scrisse in greco l’ebreo Filone Alessandrino nella Legatio ad Gaium (storia della delegazione ebraica inviata a Caligola per difendere gli ebrei dalle angherie).

Ebrei “tutti ricchi”? No: pochi ricchi, molti poveri (e schiavi), come tutti i popoli antichi

A Roma la comunità ebraica comprendeva persone d’ogni ceto, devote alle proprie consuetudini. Cesare per primo aveva emesso norme per tutelarli, esentandoli dal servizio militare per consentir loro il regime alimentare desiderato e lo šabbāt. Fuori dall’Urbe, nelle province d’oriente, le popolazioni grecofone avevano infatti assunto spesso già allora atteggiamenti aggressivi verso la minoranza ebraica.

Augusto giunse ad esonerare tutti gli ebrei dal culto del Genius Augusti, accontentandosi di un sacrificio al Dio ebraico per la protezione dell’imperator e di un giuramento di fedeltà al medesimo. Ciò però alimentò il rancore degli altri popoli sottomessi all’Urbe, cui gli Ebrei parevano privilegiati (mentre erano solo una minoranza protetta dai lungimiranti e pragmatici Romani).

Prima cacciata certamente avvenuta: 19 d.C. (insieme agli Egizi)

La prima espulsione certa risale invece al 19 d.C., quando l’imperatore Tiberio deportò da Roma 4.000 liberti (cioè ex schiavi) ebrei in Sardegna, obbligandoli a combattere contro i “briganti” indipendentisti della Barbaria (odierna Barbagia): cioè condannandoli a morte certa. Sorte che quegli ebrei condivisero coi residenti egizi di Roma, nella comune condanna dei culti che apparivano contrari alla religione statale romana.

In realtà allo Stato romano interessava l’oro che tutti gli Ebrei (ricchi e poveri) inviavano ogni anno (due dracme a testa almeno) in offerta al Tempio di Gerusalemme. Cicerone (Pro Flacco, 67) etichettò tale prassi come barbara superstitio. Dopo il 70 d. C., infatti, distrutto il Tempio, Roma obbligò gli Ebrei a versare quell’oro allo Stato capitolino (fiscus Iudaicus).

I primi problemi veri nascono col cristianesimo

Per il resto, gli intellettuali romani del tempo mostrano ironia nei confronti delle costumanze ebraiche, considerandole bizzarre; senza però manifestar mai l’intento di sradicarle né di perseguitarle, coerentemente con la politica romana di tolleranza e integrazione di tutti i popoli e di tutte le culture che componevano il melting pot dell’Impero.

49 d.C.: altra cacciata da parte dell’imperatore Claudio, in seguito — secondo Svetonio (Claudio 25) — ai disordini aizzati da un certo Chrestus: dissidi tra Ebrei e primi Cristiani (chiamati tutti Iudaei). Non dunque per discriminazione religiosa o razziale, ma per la propaganda cristiana e i tumulti che ne conseguivano.

I problemi seri per gli Ebrei dell’Impero esplosero col successivo affermarsi delle Chiese cristiane ed il vero antisemitismo che ne conseguì. Gli Ebrei erano diventati “deicidi”. Ma questa è un’altra storia, che da allora giunge purtroppo fino a questi nostri anni amari.