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Contratti e stipendi bloccati ma carichi di lavoro maggiorati

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Si continua imperterriti e senza il minimo segnale di soluzione di continuità, nell’attuare la solita politica di austerità, che ha condizionato pesantemente le auspicabili aspettative di crescita e sviluppo del nostro Paese. 
Questa rotta politica ci ha fatto capire che siamo ancora nel mezzo del tunnel di quella gravosa crisi economica, che tanto ha condizionato le nostre vite. 
Infatti il nuovo Governo, denominato delle larghe intese, ma che potrebbe essere ribattezzato dalle corte vedute, sembrerebbe orientato (ma questa pare essere cosa certa) a bloccare, nuovamente e fino al 31/12/2014, gli aumenti contrattuali altrimenti previsti a far data dal 01/01/2014 ovvero a non concedere l’aggiornamento della vacanza contrattuale ormai ferma al 2010. 
Bisogna ricordare, per anamnesi storica e per onore della verità, che il blocco della contrattazione è in atto dal 2011 per effetto del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, che aveva disposto il congelamento per tre anni, con decorrenza dal 2011, delle retribuzioni di tutti i dipendenti pubblici compresi gli insegnati e il personale Ata, il blocco triennale inizialmente previsto per il settore della scuola, venne ridotto a due anni, ragione per cui i docenti che nell’anno 2010 passavano di gradone hanno ricevuto quanto di competenza alle scadenze previste. Solo nell’anno 2013 invece e sempre per il personale docente è stato possibile recuperare l’anno 2011. Ciò è avvenuto con un emissione speciale del 26 aprile 2013, mentre sulla rata del mese di maggio 2013 gli aventi diritto hanno trovato l’aumento previsto dal passaggio di gradone. 
Invece il blocco degli scatti è rimasto ancora non superato, per coloro che sarebbero dovuti scattare di gradone nel 2012. Adesso la storia si ripete! Niente aumenti per il personale scolastico fino al 2015 e si prevede anche una riduzione delle spese, applicata linearmente su tutti i ministeri, anche su quello diretto dall’on. Carrozza. 
Questo blocco contrattuale e quindi degli scatti stipendiali spettanti, secondo un calcolo fatto recentemente dall’Aran per il quotidiano economico “il Sole 24 Ore”, segna la perdita di potere d’acquisto, di un docente, con media anzianità di servizio, a causa dell’erosione monetaria prodotta dall’inflazione fra 2010 e 2012 di 1602 euro annui, ciò significa che si perde il 5,8% annuo del valore stipendiale. 
Considerando l’imminente proroga del blocco ai rinnovi contrattuali, la perdita di potere d’acquisto dei dipendenti statali dovrebbe toccare l’11% in cinque anni. 
Contemporaneamente a questa erosione stipendiale, lenta ma continua, si nota un aumento dei carichi di lavoro, da parte dei docenti di ogni ordine e grado, che non viene retribuito. 
I docenti lamentano, rispetto agli altri anni, un maggior numero di alunni per classe, che significa più compiti da correggere, più tempo da dedicare per i rapporti scuola-famiglia e più atti burocratici da compilare; si lamenta anche una sempre crescente attività collegiale che ormai raggiunge, in quasi tutte le scuole, la soglia massima oraria prevista dall’art. 29 del CCNL 2006-2009 e qualche volta la travalica, la somministrazione e la correzione, a titolo gratuito, delle prove Invalsi di matematica e italiano, l’introduzione delle verifiche per l’accertamento delle competenze inserito al termine del primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado, che vanno strutturate, somministrate e corrette, sempre ovviamente a titolo gratuito. 
Carichi di lavoro aggiuntivi non retribuiti in busta paga che in taluni casi sfuggono anche alla contrattazione integrativa d’Istituto, sia per la riduzione consistente del FIS ma anche per il tentativo di alcuni dirigenti scolastici di eliminare con un tratto di penna l’art. 6 comma 2 del CCNL riguardante l’organizzazione del lavoro. 
Si sente la necessità diffusa, rivendicata da tutti i sindacati, di rinnovare il contratto collettivo della scuola, scaduto da oltre tre anni, almeno dal punto di vista giuridico, per potere regolamentare questa demotivante discrasia tra il blocco delle risorse economiche per l’aumento stipendiale e i maggiori carichi di lavoro imposti gratuitamente.