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Contratto ad hoc e diritti sindacali allargati: i ddl che l’Idv porterà all’Aprea

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Un disegno di legge per introdurre nella scuola un contratto ad hoc, non più di tipo impiegatizio ma che dia la possibilità di valorizzare l’impegno del personale docente ed Ata; un altro per estendere i diritti sindacali anche alle rappresentanze minori ma comunque significative. I due progetti sono stati realizzati dal partito dell’Italia dei Valori e presentati il 22 aprile a Roma, nello storico istituto tecnico “Galilei”, a due passi dall’Usp, durante il convegno “Scuola. L’alternativa alla controriforma” promosso dal sindacato Unicobas e dall’Associazione L’Altrascuola.
Alla presentazione dei testi, che verranno portati nei prossimi giorni alla Commissione Cultura del Senato, c’era anche Antonio Di Pietro, leader dell’Italia del Valori: “il personale della scuola – ha detto Di Pietro – non svolge una qualsiasi attività burocratica ma un delicato ruolo di formazione: per questo c’è necessità di mettere mano al contratto dell’istruzione sganciandolo da quello del pubblico impiego“.
Il primo disegno di legge intende affrancare le norme scolastiche dal D.L.vo 29/93 che regola i comparti del pubblico impiego permettendo, così, l’autonomia professionale (al pari del comparto universitario) e gli automatismi di anzianità minacciati da altri ddl. Ma le proposte non intendono scindere il contratto dei docenti da quello del personale Ata, come invece prospettato da altri sindacati, in particolare la Gilda: “proporremo l’introduzione di nuovi elementi contrattuali – ha continuato Di Pietro – per tutelare diritti sacrosanti dei lavoratori: come quello della professionalità, del riconoscimento della funzione docente e del ruolo del personale non docente che è parte integrante dell’attività didattica“.
Attraverso la seconda proposta di legge l’Idv tenterà di modificare le norme di accesso ai diritti sindacali: “per dare voce anche ai sindacati con meno potere – ha affermato sempre il senatore – proporremo alla commissione  Cultura del Senato di allargare i diritti di rappresentanza anche ai raggruppamenti sindacali con meno iscritti, ma che hanno comunque un seguito significativo: un sistema su cui discutere potrebbe essere quello di abbassare contrattualmente la percentuale di rappresentanza e, di conseguenza, estendere i diritti che oggi sono concessi solo alle organizzazioni maggioritarie“.
Il testo contiene quindi una chiara revisione all’attuale modello di rappresentanza sindacale. “Del resto – ha affermato Paolo Brutti responsabile Dipartimento Politiche del Lavoro dell’Idv – dovrà pur esserci un motivo dietro alla disaffezione dei lavoratori nei confronti del sindacato visto che il 65% non è iscritto”.
L’obiettivo realistico dei senatori dell’Idv è riuscire a trovare i consensi nelle Commissioni parlamentari per inglobare almeno una parte delle norme all’interno della bozza di legge Aprea. “Contro la quale, per come è strutturata ora, abbiamo un giudizio totalmente negativo – ha sottolineato Brutti – perché proietterebbe il personale verso un contratto di tipo privatistico: con i docenti che anziché avere il Ministero come datore di lavoro si ritroveranno letteralmente sottomessi ai loro dirigenti”.
Anche Stefano d’Errico, segretario Unicobas, si è soffermato sulla necessità di mantenere un unico modello contrattuale (“anche perché gli Ata hanno importanti responsabilità civili e penali come i docenti”) e di abbandonare l’ambito impiegatizio: “i Governi, sia di destra sia di sinistra, ci hanno sempre detto che non ci sono soldi; ma allora perché ad università, magistratura e forze dell’ordine viene data questa possibilità? E perché i dipendenti della Banca d’Italia guadagnano più di un lavoratore della Deutsche Bundesbank?”.
Forte è anche la richiesta per avere la possibilità di accedere agli stessi diritti dei sindacati maggioritari, in modo da poter indire assemblee in orario di servizio e partecipare in qualche modo alle contrattazioni nazionali: “Non chiediamo di certo di negare le quote di rappresentatività – ha detto d’Errico – ma non è possibile che la forza di un sindacato che rappresenta una parte definita della categoria, ad esempio i collaboratori scolastici, debba essere sempre calcolata su un milione di lavoratori complessivi. Anziché far valere la rappresentatività maggioritaria – ha concluso il leader Unicobas – bisognerebbe introdurre quella ‘sufficiente’. E’ su questo punto che Giugni ha sbagliato”.