Home I lettori ci scrivono Corsi sostegno Indire: val più la pratica o la grammatica?

Corsi sostegno Indire: val più la pratica o la grammatica?

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Negli ultimi mesi, il dibattito sulla preparazione dei docenti di sostegno si è acceso, con molte opinioni che oscillano tra la necessità di formazione universitaria e l’esperienza pratica sul campo. In particolare, le affermazioni del Prof. Ianes hanno suscitato discussioni, sostenendo che l’esperienza sul sostegno, accumulata sul campo, sia meno valida rispetto al tirocinio supervisionato dei TFA. È il momento di analizzare punto per punto tali affermazioni e di mostrare perché l’esperienza diretta, vissuta e consolidata negli anni, rappresenti un valore insostituibile, e in alcuni casi superiore, rispetto alla formazione teorica.

1. L’esperienza reale “non è una simulazione”: il valore di chi ha lavorato a lungo con studenti con disabilità

Il Prof. Ianes sostiene che il tirocinio supervisionato del TFA sia più realistico di un’esperienza di insegnamento pregressa, ma questa posizione trascura un elemento fondamentale. L’esperienza di chi ha prestato servizio come docente di sostegno in più anni di lavoro quotidiano non è una semplice simulazione: essa rappresenta un’esperienza autentica, fatta di sfide quotidiane, adattamenti e risposte concrete alle diverse esigenze degli studenti. La presenza di supervisori può talvolta “edulcorare” la realtà, facendo perdere di vista le criticità e le difficoltà reali, mentre l’esperienza diretta consente di affrontarle e di migliorare continuamente le proprie competenze.

2. L’esperienza accumulata sviluppa responsabilità e proattività

Chi lavora da anni su sostegno si è trovato a ricoprire ruoli di responsabilità, assumendo decisioni sia in ambito pedagogico che gestionale. Questa responsabilità favorisce una crescita professionale che non si limita alla mera applicazione di tecniche, ma si sviluppa in senso più ampio: capacità di collaborazione, pianificazione educativa, gestione delle emergenze. Tali competenze sono acquisite sul campo e non si possono “insegnare” semplicemente attraverso un tirocinio supervisionato che, per quanto utile, non sostituisce l’esperienza maturata nel tempo.

3. Lavorare in team: un controllo e una supervisione continua

Contrariamente a quanto afferma il Professore, è scorretto sostenere che l’esperienza di anni sul sostegno avvenga senza supporto né supervisione. In realtà, nelle scuole italiane il docente di sostegno lavora all’interno di un team multidisciplinare, con il consiglio di classe, sotto la supervisione del referente per l’inclusione e del dirigente scolastico. Questa strutturazione garantisce un monitoraggio continuo della qualità del lavoro e un costante confronto professionale. La soffermarsi su questa realtà, che il Prof. Ianes pare non conoscere appieno, permette di comprendere che l’esperienza sul campo non si limita ad un “lavoro solitario”, ma si sviluppa in un contesto di responsabilità condivisa, presidiato da figure che assicurano qualità e supervisionano l’operato.

4. La criticità delle esperienze “pessime”… anche no!!

L’argomento secondo cui tre anni di esperienza possono essere comunque “pessimi” è scorretto e pericoloso. Non si può liquidare l’esperienza sul campo con questa visione pessimistica, sottovalutando i risultati, le competenze e le capacità acquisite da chi si è confrontato con le difficoltà della realtà scolastica. Piuttosto, è giusto considerare che, in presenza di un contesto strutturato di supporto e formazione continua, l’esperienza si traduce in crescita professionale reale, molto più di un tirocinio supervisionato che potrebbe non catturare le criticità o le variabilità di ogni situazione.

5. La mancanza di “scorciatoie”: la vera strada per l’inclusione

Il Prof. Ianes afferma che non servono “scorciatoie” per risolvere la carenza di docenti di sostegno. Tuttavia, questa posizione rischia di ignorare una realtà: i percorsi INDIRE non sono scorciatoie! Essi offriranno formazione di qualità, che combina formazione universitaria e esperienza sul campo e saranno strumenti fondamentali per migliorare effettivamente l’inclusione scolastica. Rifiutare interventi di questo tipo solo per visioni cariche di pregiudizi senza un’adeguata valutazione delle competenze rischia di perpetuare il problema, anziché affrontarlo.

Conclusioni

In conclusione, la valorizzazione dell’esperienza diretta e pluriennale di insegnamento a scuola con studenti con disabilità rappresenta un patrimonio professionale che non può essere paragonato al tirocinio effettuato durante il TFA ordinario che invece è una semplice “simulazione” e proprio perché è supervisionato non può davvero fare emergere la capacità di affrontare criticità reali.Lavorare in aula, con responsabilità e in team, garantisce una preparazione pratica concreta che, in assenza di un contesto ideale, sopperisce alle eventuali mancanze di formazione teorica. La vera sfida è integrare e valorizzare entrambe le dimensioni, riconoscendo che l’esperienza sul campo, soprattutto se consolidata, supera spesso le limitazioni di una formazione supervisionata, offrendo ai futuri docenti gli strumenti migliori per l’inclusione reale e duratura. Il Governo ha trovato il modo di riconoscere, valorizzare e integrare queste dimensioni con il DL 71/2024 e l’istituzione dei Corsi INDIRE. C’è solo un’ultima cosa da fare e noi Uniti per INDIRE la chiediamo a gran voce: FARLI PARTIRE!Inoltre invitiamo formalmente il professore Ianes a fare parte di questa rivoluzione candidandosi per l’insegnamento a questi Corsi. Siamo sicuri che potrebbe offrire il suo eccellente apporto teorico.

Daniela Nicolò, portavoce della Community Uniti per INDIRE