Home Archivio storico 1998-2013 Generico Dati Ocse: Gelmini li esalta, ma per i sindacati è ora di...

Dati Ocse: Gelmini li esalta, ma per i sindacati è ora di preoccuparsi

CONDIVIDI

Sono di diverso tenore le reazioni degli addetti ai lavori e dei politici ai dati pubblicati il 13 settembre dall’Ocse. Il più soddisfatto si è detto sicuramente il ministro Gelmini, secondo cui “confermano la necessità di proseguire nella direzione delle politiche adottate dal Governo e ne indicano alcuni risultati positivi”. Per il responsabile del Miur, in particolare, “viene dimostrata l’assoluta infondatezza delle polemiche sul presunto sovraffollamento delle classi. I dati Ocse dimostrano infatti che gli studenti italiani vivono in classi relativamente poco numerose, con un insegnante ogni 10,7 alunni nella scuola primaria (media Ocse 16) e uno ogni 11 alunni nelle secondarie (media Ocse 13,5)”. Il Ministro, inoltre, ricorda che “la riorganizzazione dei curricoli e la razionalizzazione delle ore di insegnamento attuate dalla Riforma vanno nella giusta direzione, poichè gli studenti italiani trascorrono a scuola un numero di ore superiore alla media Ocse. Infatti gli studenti dell’area Ocse tra i 7 e i 14 anni hanno una media di tempi d’istruzione di 6.732 ore, mentre la media italiana è di 8.316 ore”. Un dato, quest’ultimo, che per Gelmini sarebbe alla base  dello stipendio inferiore alla media dei docenti italiani. Gli insegnanti italiani infatti sono numerosi, per fare fronte all’elevato numero di ore di insegnamento; questa è una delle cause della loro retribuzione non alta”.
I
l Ministro ha concluso ricordando che i “dati Ocse dimostrano inoltre che, tra il 2000 e il 2008, la spesa delle scuole per ogni studente è aumentata del 6%”. Dimenticando però di aggiungere che si tratta di una delle performance più scarse dell’area nello stesso periodo. 
C
hi ha fatto capire che quello dell’Ocse è un “campanello” da ascoltare sono invece i sindacati. Per Francesco Scrima, segretario Cisl Scuola, certe indicazioni ci dicono che occorre “fare di più per la scuola, dirottando risorse recuperate altrove (si pensi agli sprechi e ai privilegi della politica) ma anche provvedendo, nel frattempo, a usare in modo più efficiente quelle che ci sono. Un esempio di attualità: la ristrutturazione della rete scolastica. Serve a poco o a nulla, e può solo accentuare il disagio delle scuole, se rimane una banale operazione di taglio”. Scrima auspica, inoltre, che “la valutazione sui disallineamenti e le lacune del nostro sistema rispetto a quelli di altri Paesi non si esauriscano in scontati e sterili usi di parte. Siano invece occasione per avviare un grande dialogo sociale e un serio impegno politico volto a definire un piano straordinario di intervento capace di sostenere la qualità della nostra scuola”.
Critico pure Massimo Di Menna, segretario Uil Scuola, il quale si sofferma sul fatto che l’Ocse ha bacchettato il nostro Paese perché “la spesa per l’istruzione in rapporto al Pil in Europa è del 6,1%, in Italia è del 4,8%. Peggio di noi solo Slovacchia e Repubblica Ceca”. Ed “anche la spesa per l’istruzione in Italia è bassa anche in rapporto sulla spesa pubblica, 9,7% rispetto all’11% della media dei paesi europei”. Per colmare questo ritardo occorre “spostare risorse verso l’istruzione e la ricerca, come anche in una situazione economica difficile, l’Europa sta facendo. La scelta da fare per il futuro del paese e per lo sviluppo è qualificare la spesa. Occorre ridurre le spese improduttive, gli sprechi, la burocrazia ridondante, le eccessive spese per la politica e indirizzare risorse agli investimenti per l’istruzione. C’è una riforma che si può fare – continua Di Menna – e che non costa: riformare il sistema amministrativo. Bisogna trasformare il Ministero da centro di produzione di circolari a luogo nel quale vengono predisposte attività di servizio e supporto alle scuole e ai docenti” Il sindacalista della Uil si sofferma anche sul problema delle basse retribuzioni dei docenti italiani, uno dei “cavalli di battaglia” del sindacato confederale. “Sui professori pagati poco perché troppo numerosi – dice Di Menna – inviterei il Ministro da un lato a non limitarsi a prendere atto del quadro attuale, ma, se vuole contribuire alla qualità della scuola, proporre soluzioni all’emergenza retributiva”. Il leader della Uil Scuola si sofferma infine sulla circostanza “per la quale in Italia abbiamo il maggior numero di politici rispetto agli altri paesi europei però sono anche i meglio pagati. La classe politica, i Governi dovrebbero operare in modo da sostenere, supportare, agevolare il lavoro dei docenti”.
Negativo poi il giudizio della senatrice del Pd Vittoria Franco: "sono dati che confermano anche le difficoltà espresse in questi anni dalle famiglie, dagli operatori e dagli amministratori locali. Se gli istituti continuano a garantire livelli di qualità e determinati servizi come il tempo pieno, lo fanno infatti con estrema difficoltà, con il sacrificio degli insegnanti e con il contributo degli enti locali, non certo grazie a un Governo che sta demolendo la scuola pubblica", ha concluso la senatrice.