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Dati Pirls, quale la situazione in Europa? Un continente diviso tra paesi nordici e mediterranei

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Spesso sentiamo parlare di Europa come un insieme di paesi uniti da idee, istituzioni e culture affini. Spesso, specie a livello politico, le diatribe che hanno luogo nei parlamenti degli Stati Membri, espressi in disappunto circa le norme e linee guida comunitarie, mostrano le complessità di gestione comune, creando evidenti spaccature e contraddizioni. Queste, per il settore scuola ed educazione, fanno riferimento alla retribuzione docente proporzionale al potere d’acquisto pro-capite in primis, al welfare e le relative misure/politiche garantiti, ai livelli proporzionali di conoscenze acquisite e competenze applicati, specie per discipline standard come la storia e la letteratura, matematica (disciplina universalmente riconosciuta per il ranking logico-computazionale) e lingue straniere (idealmente l’inglese).

Lettura e scrittura della propria lingua madre restano alla base delle competenze e delle capacità da acquisire per gli studenti e da trasmettere per i docenti. Il report di recente emesso dalle istituzioni europee offre un’istantanea asincrona: i paesi nordici trionfano in testa – specie la Finnscandia – per i risultati elevati raggiunti, un po’ meno per le realtà mediterranee, le quali si confrontano con enormi spaccature in seno al proprio territorio; è il caso dell’Italia. Il Meridione ha dati non proprio in linea con le aspettative.

top performers in Europa

Sono state pubblicate le ultime classifiche internazionali per i livelli di lettura tra i bambini di 9 e 10 anni e Inghilterra, Finlandia e Polonia sono tra i migliori punteggi. Lo studio Progress in International Reading Literacy, noto come PIRLS, è stato intrapreso nel 2021 e ha valutato quasi 400.000 alunni in 57 paesi. Lo studio è stato tuttavia ostacolato dal Covid-19, con 14 dei paesi partecipanti, tra cui l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda, costretti a rimandare i test a causa delle misure sanitarie intraprese dalle autorità locali, il che significa che gli studenti che sono stati valutati erano più avanti in termini di età. I ragazzi e le ragazze in Inghilterra si sono classificati al quarto posto nella classifica internazionale per la lettura, vedendo il loro grado saltare dall’ottavo nello studio del 2016 per entrare nei primi cinque.

Il primo ministro britannico, Rishi Sunak, ha applaudito i risultati, dicendo: “Aumentare i tassi di alfabetizzazione è fondamentale per il nostro piano per far crescere l’economia, una delle mie cinque priorità chiave, quindi è bello vedere l’Inghilterra salire al quarto posto nella classifica internazionale per capacità di lettura”. I test PIRLS sono in genere sostenuti ogni cinque anni e, sebbene i risultati di Finlandia e Polonia abbiano mostrato entrambi dei cali – rispettivamente da 566 a 549 e da 565 a 549 – rispetto alla classifica del 2016, sono entrambi ben al di sopra della media internazionale di 520 – così come la media europea di 524 punti conseguiti nei test in oggetto.

E l’Italia? Preoccupa il divario tra Nord e Sud. Colpa di DAD e misure COVID?

Nonostante le evidenti spaccature in seno al Vecchio Continente, il Belpaese si posiziona al di sopra della media UE per la scuola primaria, rendendo dunque evidente e certo che il sistema d’istruzione di primo grado – almeno didatticamente – risulta essere in salute. Nel nostro Paese hanno partecipato 7.419 studenti e 442 insegnanti in 222 scuole, con 5.152 genitori.

Il Belpaese è noto per i due raggruppamenti relativi ai risultati conseguiti a livello geografico: Nord Ovest, Est e Centro ottengono punteggi simili, mentre restano indietro Sud e Isole. Nota anche la differenza nelle abilità di lettura e scrittura tra studenti e studentesse: le bambine, in termine di margine di scostamento, sono in vantaggio rispetto ai colleghi maschi di circa +7 punti, la differenza più marcata in relazione ai dati raccolti a livello internazionale. Hanno pesato, sostengono gli esperti, l’organizzazione didatticamente e tecnologicamente inadeguata della DAD e le misure restrittive atte ad arginare il contagio negli ultimi 3 anni, le quali hanno spesso provocato discontinuità e chiusure di plessi per il Belpaese, oltre che all’isolamento di alunni risultati positivi per oltre 10 giorni in media.