Home Politica scolastica Decreto salvaprecari. Pittoni: nessun problema, ma ci vuole la volontà politica

Decreto salvaprecari. Pittoni: nessun problema, ma ci vuole la volontà politica

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“Il futuro del decreto Salvaprecari della scuola non è legato alla crisi di Governo. Se c’è la volontà politica e quindi il placet dei ministeri interessati, il documento entra in Gazzetta ufficiale e da quel momento può essere comunque portato in discussione nelle aule parlamentari” è quanto sostiene Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura del Senato e responsabile Istruzione della Lega.

“Il punto 22 del contratto di Governo – ricorda Pittoni – prevede una fase transitoria per garantire il ‘superamento delle criticità che in questi anni hanno condotto a un cronico precariato’, parallelamente all’avvio di un ‘efficace sistema di formazione’. E la Lega ha tutta l’intenzione di far rispettare questo punto del contratto”

“Da qui – prosegue il senatore leghista – la collaborazione tra Ministero dell’Istruzione e le cinque principali sigle sindacali, allo scopo di definire misure straordinarie per la stabilizzazione del precariato storico e il varo di percorsi abilitanti con selezione in uscita come nel 2013/2016″.

Nel merito del provvedimento Pittoni sottolinea anche che “non corrisponde al vero quanto affermato da alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle, secondo cui i percorsi abilitanti previsti dal decreto non sarebbero selettivi. I cosiddetti PAS, superando la concezione nozionistica della valutazione mediante uniche prove d’esame, assicurano una reale selezione ex ante, in considerazione dell’esperienza professionale, in itinere, con diversi esami universitari, e ex post, con l’esame conclusivo; tanto che nel triennio accademico 2013/2016 quasi 3 candidati su 10 non sono stati ammessi all’esame finale per non aver superato singoli esami del piano di studio”.

Rischi da elezioni anticipate e cambio di maggioranza

Resta il fatto che – per il momento – il decreto non è ancora stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Senza trascurare un ulteriore particolare: se il Presidente Mattarella dovesse decidere di sciogliere il Parlamento il decreto non potrebbe neppure essere convertito in legge, rimarrebbe in vigore per 60 giorni dopo la sua pubblicazione ma poi decadrebbe e non avrebbe più alcun valore.
Per la verità una via d’uscita viene indicata dall’articolo 77 della Costituzione che prevede espressamente che “quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”.
Perciò se entro fine mese, come si è finora detto, il decreto verrà pubblicato, il Parlamento dovrà comunque essere convocato; ma – è bene precisarlo – si tratta di una procedura alquanto insolita, tanto è vero che i casi di Parlamento convocato pur essendo stato sciolto sono stati davvero rarissimi.
Quindi se la Lega vuole essere certa di “portare a casa” il provvedimento deve evitare in ogni modo la conclusione anticipata della legislatura.
Ma anche un cambio di Governo potrebbe creare più di un problema: se in Parlamento si formasse una nuova maggioranza il decreto potrebbe non essere convertito in legge, dal momento che diversi esponenti del M5S hanno più volte affermato di considerare PAS e concorsi riservati alla stregua di sanatorie non più accettabili.