Home I lettori ci scrivono Digressioni di un insegnante: quando le istituzioni vanno contro loro stesse

Digressioni di un insegnante: quando le istituzioni vanno contro loro stesse

CONDIVIDI

Negli ultimi anni della Prima Repubblica, ma anche in quelli che caratterizzano la Seconda, la classe politica italiana, divisa tra il crollo dei regimi socialisti e il diktat europeo di Maastricht, ha sposato con incondizionato entusiasmo europeista la prospettiva che doveva condurci all’unione monetaria, salvo poi arenarsi nelle secche del rigorismo recessivo. Il rigore e l’austerità sui conti pubblici non possono risolvere, da soli, i problemi degli indebitamenti e degli equilibri di bilancio pubblico. Anche su questo si misura lo stato di salute della politica, sempre più inadeguata a costruire soluzioni alle necessità del paese e a mantenere le grandi promesse di riforma tanto sbandierate. Il fallimento delle grandi speranze nutrite negli anni Novanta, i gravi problemi posti dalla transizione globale e gli effetti deleteri di un bipolarismo connotato sul piano emotivo ancorché privo di reali basi ideologiche non hanno certo favorito il cammino della nostra democrazia.
È difficile, in tempi di crisi della rappresentanza, di progressivo sfaldamento del mondo della cultura e dell’educazione, disegnare una geografia del sistema politico. La cosa certa è che stiamo assistendo a una pesante mortificazione della volontà popolare da parte dell’attuale compagine governativa. Il Movimento 5 Stelle, che sta trovando il suo punto di forza nel fare politica senza entrare nei riti e negli ingranaggi del Palazzo, si è attirato per questo lo sdegno dei partiti, di sinistra come di destra, oltre agli strali di certa informazione che ha finito per liquidare sbrigativamente le azioni dei suoi rappresentanti. Secondo Corrado Augias dovrebbero inquietarci gli attacchi a Napolitano o quelli di stampo sessista ad alcune parlamentari del Pd. La verità è che questo Movimento, al di là di certo marinettismo esteriore e irrisore, ha avuto il coraggio di denudare piaghe sociali, abusi e immoralità che sarebbero altrimenti rimasti impuniti. Altro che «frangia marginale di scontenti». Altro che «nuovi squadristi». È materia nobile che penetra la materia ignobile, non solo suono, moto, brividìo di colori e di luci, rapidità di battute becere o gratuite.
Salvatore Cannavò, facendo notare che le «riserve» e i «pregiudizi» nei confronti del Movimento 5 Stelle sono sicuramente leciti, ha invitato a non dimenticare che stiamo parlando di un Movimento «super-giovane» che, nel suo presentarsi come alternativa al sistema, ha il sacrosanto diritto di sbagliare e di crescere nel terreno paludoso della politica italiana. Il modo in cui è scattato il «linciaggio» su quanto è accaduto in Parlamento nei giorni scorsi, al di là di ogni facile richiamo contro l’attentato alla Costituzione, ha un non so che di mistificatorio e d’ingeneroso. Come del tutto faziosa è la risposta del centro-sinistra nei suoi confronti. Ma tant’è: l’attività del Movimento 5 Stelle intende proprio smascherare la pretesa universalistica che debba esistere un pubblico omogeneo di cittadini.
L’atteggiamento preconcetto di Laura Boldrini – che non si è fatta scrupolo di usare la cosiddetta «tagliola» per consentire al decreto Imu-Bankitalia di essere approvato e che è arrivata a parlare di «attacco eversivo alle istituzioni» – non esprime altro che un’incapacità di vedere e di capire lo scollamento irreversibile del paese reale dai vertici del potere. Immalinconisce che una donna così agguerrita e straordinaria abbia potuto mettere tanta retorica al servizio del potere costituito. Anche la reazione scontata di uno Speranza contro Di Battista («State ostacolando la democrazia») suona del tutto ipocrita e di convenienza. Montecitorio è sempre stato teatro di mischie e di baruffe da quando esiste la nostra Repubblica e la sinistra è stata maestra nella tattica dell’ostruzionismo parlamentare. Dunque perché stracciarsi tanto le vesti?
Va da sé che un frasario colorito o ispirato al turpiloquio non può essere il paradigma di nessuna forza politica, che le rimostranze devono farsi nel rispetto delle istituzioni e che ogni spettacolo di agonismo facinoroso lascia il tempo che trova. Ammettiamo quindi che su alcuni punti i Cinque Stelle abbiano perso l’occasione per distinguersi dagli altri. Ma perché dar rilievo alle sole forme (o eccentricità) e non anche ai contenuti? Perché sottacere che l’unica sberla dei tafferugli alla Camera l’ha incassata la grillina Lupo dal questore Dambruoso? E come mai la Boldrini non ha speso parole su questo episodio sconcertante? Forse perché chi parla una lingua diversa dal governo delle Larghe Intese deve essere condannato al silenzio. O forse perché bisogna ridurre il mondo plurale e pluralistico a un unico identico monologico, col risultato che le differenze di posizione, non potendo essere riassorbite, devono essere considerate il nemico delle istituzioni. Eppure il Movimento dei Forconi, le varie jacqueries che sono proliferate negli ultimi tempi e altre manifestazioni di malcontento sociale stanno lì a testimoniare che non possiamo gettarci la sabbia sugli occhi. La stessa Rosy Bindi, non molto tenera verso i deputati grillini, ha detto che sui «decreti disomogenei» hanno ragioni da vendere. E ha ricordato che quando è stata al governo lei non glieli hanno mai firmati.
C’è ancora qualcuno super partes in questa torbida e ribollente Seconda Repubblica? Non lo è, crediamo noi, il Capo dello Stato, la cui posizione odierna assomiglia sempre più a quella di un giocatore che non a quella di un arbitro e che ha avallato, durante il governo Monti e con l’assenso vergognoso dei sindacati, la più iniqua riforma delle pensioni che l’Italia ricordi, una riforma che ha completato la cancellazione della dignità dei lavoratori e messo in ginocchio intere famiglie, con ripercussioni irreversibili sulla loro esistenza. Non lo è nemmeno la Presidente della Camera quando va imponendo il silenziatore alle opposizioni, con quei toni oratori fra l’irato e lo sdegnoso che quasi danno fastidio. Per questo concludiamo volentieri le nostre digressioni con queste parole del giudice Ferdinando Imposimato postate ieri nel suo sito: “Cari amici, non sono un militante del M5S, ma trovo profondamente ingiusto criminalizzare il M5S che sta dando tanto al nostro Paese in termini di legalità, competenza, onestà e rispetto di principi della Costituzione che essi hanno difesa dall’assalto irresponsabile della scorsa estate. Trovo che il M5S sia quello che più di tutti si stia ispirando al principio fondante della nostra Costituzione, della democrazia e dello stato di diritto; quello della eguaglianza. Io li ho visti all’opera questi giovani, ragazzi onesti, coraggiosi e dediti al perseguimento ogni giorno del bene comune. Voglio ringraziarli per quello che hanno fatto e che faranno, riconciliandomi con la speranza in un futuro migliore!”.