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Educazione sessuale: per la maggioranza è necessario il consenso informato dei genitori. La Lega lo chiede anche per l’affettività, FdI lo vuole per i temi etici

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Prosegue nella Commissione Cultura della Camera l’esame di disegni di legge in fatto di consenso informato da parte delle famiglie per la partecipazione degli alunni alle attività di educazione sessuale.
Per comprendere meglio come si sta sviluppando il dibattito è necessario fare una prima precisazione perché al momento attuale i disegni di legge in ballo sono tre: il 2271 a firma di un gruppo di parlamentari di Fratelli d’Italia, il 2278 a firma di Rossano Sasso e altri parlamentari della Lega e il 2423 presentato dallo stesso ministro Valditara.
Le differenze ci sono e sono di non poco conto.
Il ddl Sasso prevede che il consenso vada richiesto per le attività relative alla affettività e alla sessualità, mentre quello governativo di Valditara riguarda solo l’educazione sessuale.
Questo secondo progetto stabilisce che ai genitori che devono rilasciare il proprio consenso deve essere reso disponibili anche il materiale didattico che i docenti o gli esperti intendono utilizzare.
Il ddl Sasso prevede che “il Piano triennale dell’offerta formativa comprende un’apposita sezione denominata «Attività sensibili riguardanti la sfera personale», nella quale tutte le attività che riguardano anche i temi concernenti la sessualità e l’affettività sono elencate e descritte in modo chiaro, veritiero, completo e aggiornato”.
Più ampio l’ambito previsto dal ddl di FdI che parla di affettività, sessualità ed etica.
Il ddl Sasso contiene anche un primo articolo sul tema della identità di genere: “Nelle scuole di ogni ordine e grado è consentito il riconoscimento dell’identità di genere delle studentesse e degli studenti, limitatamente alle attività in ambito scolastico, con indicazione del sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita”.
Per evitare che le regole possano essere facilmente disapplicate il deputato leghista Rossano Sasso introduce anche una norma secondo cui “la violazione delle disposizioni da parte del personale direttivo o docente responsabile della loro applicazione è punita ai sensi degli articoli 492 e seguenti del testo unico sull’istruzione”.
Quest’ultimo passaggio appare però un po’ debole per svariate ragioni: in primo luogo non è chiaro cosa si debba intendere per “personale direttivo” (con il decreto 59/98 esistono i dirigenti scolastici e non più i “direttivi) ma soprattutto gli articoli citati dal ddl Sasso, da almeno un quarto di secolo, non si applicano più né ai dirigenti scolastici né al personale Ata poiché per queste due categorie di personale le sanzioni sono esclusivamente quelle stabilite dai Contratti nazionali.
Vedremo se, nel prosieguo dei lavori parlamentari queste “incongruenze”verranno affrontate e risolte.