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Elementari, quanta nostalgia per quel maestro che non c’è più

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I cittadini italiani hanno molto a cuore gli anni passati sui banchi della scuola elementare. Il dato emerge da un sondaggio della Doxa, presentato l’8 settembre a Torino, in occasione del convegno “Storia e storie dell’analfabetismo”, organizzato dal Centro Alberto Manzi, promosso dalla regione Romagna, dal Miur, dal dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna e dalla Rai, in collaborazione con il “Comitato Italia 150”: ben ottocento dei mille intervistati hanno in pratica affermato che quella che oggi si chiama scuola primaria è fortemente cambiata rispetto al passato, sia per il modo di insegnare (44%), sia per la minore passione degli insegnanti (22%), sia per il rinnovamento delle materie di studio (17%).
E quasi tutti gli intervistati (92%) hanno detto di essere in grado di parlare dei propri ricordi della scuola primaria con grande soddisfazione: per i compagni, per i rapporti con gli insegnanti e per le materie.
Secondo il 40% degli intervistati, in gran parte adulti, la figura del maestro rimane poi fondamentale: la quota sale al 66% tra i più giovani (da 15 a 24 anni), e anche i più anziani, di 70 anni e oltre, dicono di avere un punto di riferimento (nel 29% dei casi). In molti casi la figura carismatica dell’insegnante di scuola elementare è stata però sostituita: per il 20% dai genitori. Significativo, anche, il dato che gli insegnanti vengono indicati come “maestri di vita” solo nel 7% dei casi (quota che sale al 12% tra i più giovani), seguono i coniugi o i fidanzati (6%), i libri (6%) i figli (4%).
Comunque vada, indubbiamente l’insegnante rappresenta il ricordo più forte della scuola elementare: vengono citati dal 36% degli italiani in prima battuta, a cui seguono i compagni, gli spazi fisici e il gioco, le feste, il clima di allegria. L’89% indica almeno un ricordo quasi sempre del proprio insegnate:  dal modo di trattare i bambini, alla capacità di insegnare, alla dolcezza. Anche se in certi casi emerge qualche ricordo meno entusiasta, legato soprattutto alla severità e a quel sano autoritarismo di cui oggi non c’è quasi più traccia.