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Fare il ricercatore è più difficile che insegnare a scuola, ad 1 su 3 contratto non rinnovato e carriera impossibile: blitz al Ministero

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Non c’erano solo gli studenti della scuola e degli atenei tra i 150 mila che hanno sfilato in quasi 50 piazze d’Italia: tra loro, mescolati, a manifestare contro le politiche di ridimensionamento della spesa per l’Istruzione e di “aziendalizzazione” della scuola, c’erano anche i ricercatori pubblici.

“No alle riforme a costo zero”

A Roma, dove il corteo era composto da quasi 1.500 manifestanti, un gruppo dei ricercatori precari dell’Università, appartenenti a Re Strike, si è staccato dal corteo degli studenti per mettere in atto un blitz all’interno del ministero dell’Università e della Ricerca.

Una ventina di ricercatori si sono recati a Largo Ruberti a Trastevere, per un’occupazione simbolica della segreteria. Lo slogan del gruppo Re Strike, “no alle riforme a costo zero”. Dopo circa 15 minuti i manifestanti si sono allontanati volontariamente.

Tra i motivi della protesta, c’è il mancato rinnovo del contratto (a termine) che oggi hanno in essere alcune migliaia di ricercatori sparsi per l’Italia.

Il sostegno dell’Allenza Verdi-Sinistra e dell’Uds

“Oggi a Roma i ricercatori precari di Research Strike – ha commentato l’onorevole Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi e Sinistra – hanno occupato simbolicamente la sede del ministero dell’università per chiedere l’aumento delle risorse per la ricerca. E questo perché sono a rischio il contratto di almeno un terzo degli attuali assegnisti”.

Tra i motivi del malessere tra la categoria c’è anche la mancanza di possibilità di stabilizzazione, ma anche di realizzare una carriera all’interno degli atenei e del mondo accademico o della ricerca pubblica.

“Nei giorni scorsi Alleanza Verdi Sinistra ha già posto la questione alla ministra Bernini nell’Aula di Montecitorio e continueremo a farlo fino a quando non sarà trovata una soluzione”, ha concluso la parlamentare.

“Oggi scendiamo nelle piazze di Italia – ha detto Manuel Masucci, coordinatore della Rete della Conoscenza – perché le condizioni dei giovani lavoratori sono insostenibili: precarietà, contratti a tempo, disoccupazione, posti di lavoro insicuri sono la quotidianità per noi giovani. Vogliamo il superamento delle forme di contratto precarie”. Una “fotografia” che si accosta molto alla figura dei ricercatori pubblici italiani.

Tutta la ricerca scientifica è in difficoltà

Nella stessa giornata, il 18 novembre, lo studio “Fiducia nella ricerca: i ricercatori sotto i riflettori” di Economist Impact, supportato dall’editore scientifico Elsevier, ha evidenziato anche come gli effetti della pandemia si siano fatti sentire sulla ricerca scientifica: è aumentato l’interesse pubblico ma più di uno scienziato su due teme l’eccessiva semplificazione o politicizzazione. Solo uno su cinque si sente sicuro a pubblicare i propri risultati sui social. Uno su quattro, infine, si pone come dovere sociale quello di contrastare la disinformazione.

Dalla ricerca – condotta con 3.144 ricercatori in 100 Paesi e decine di settori – emerge come il 63% ritiene che la pandemia abbia aumentato l’attenzione pubblica sulla ricerca, ma solo il 38% pensa che ne sia derivata una migliore comprensione della stessa.

Più della metà degli intervistati ha espresso preoccupazione per le sfide legate all’eccessiva semplificazione (52%) e alla politicizzazione della ricerca (56%).

Meno di un ricercatore su cinque (18%) che ha partecipato allo studio si sente sicuro nel comunicare i propri risultati sui social.

La metà dei ricercatori intervistati (51%) afferma di sentire la responsabilità di impegnarsi nel dibattito online e oltre due terzi (69%) ritiene che la pandemia abbia aumentato l’importanza di separare la ricerca di qualità dalla disinformazione.

Quasi un quarto degli accademici (23%) considera il contrasto pubblico di tale fenomeno come uno dei propri doveri sociali, prima della pandemia era di questa opinione il 16%. Infine, molti ritengono che la pandemia abbia ampliato le disuguaglianze nei finanziamenti.

“La scienza – spiega Laura Hassink, direttore Generale delle riviste scientifiche Elsevier – sta progredendo a ritmo straordinario, ma questo ha comportato nuove pressioni per i ricercatori, come affrontare la disinformazione dannosa, gestire il controllo pubblico e comunicare il proprio lavoro con sicurezza”.