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Formazione obbligatoria per l’inclusione, fra diritti degli alunni e vincoli contrattuali. Ne parlano tre esperti

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Si parla molto in questi giorni del tema dei corsi di formazione obbligatori di 25 ore per gli insegnanti che operano nelle classi in cui sono accolti alunni con disabilità.
Nella legge di bilancio per il 2021 era stata infatti inserita una norma che prevede corsi di formazione obbligatoria per chi insegna in classi con alunni disabili e in particolare per coloro che sono privi di titolo di specializzazione.
Negli ultimi giorni il Ministero ha annunciato che è pronto il decreto per dare avvio alle attività di formazione a partire da settembre e questo sta creando non pochi malumori all’interno dei sindacati ma anche nella categoria.
D’altronde il sondaggio realizzato dalla nostra testata lo testimonia: il 75% di coloro che hanno risposto è contrario.

Sul tema abbiamo però ascoltato anche tre esperti di disabilità, di governance e di relazioni sindacali.

“A mio parere – afferma Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico, per molti anni responsabile dell’Osservatorio nazionale sull’handicap – queste 25 ore di formazione obbligatoria per tutti rappresentano un importantissimo elemento di rottura e di novità; la disposizione, infatti, ci richiama alla necessità che tutti i docenti dispongano di un adeguato bagaglio di conoscenze e competenze, generali seppure non specialistiche, sul tema dell’inclusione. D’altronde già negli anni ’70, quando si iniziò ad accogliere i disabili nelle classi comuni, l’inclusione era stata considerata competenza di tutti gli insegnanti e non come atto di generosità affettuosa ma come elemento strutturale nell’organizzazione di una scuola”.

Osserva Franco De Anna, ex ispettore con un passato importante di sindacalista nelle file della Cgil: “Dobbiamo partire da una considerazione generale. I sindacati (non tutti per la verità) rappresentano tutto il mondo del lavoro e hanno nei loro fondamenti il richiamo che la contrattazione sta dentro un riconoscimento generale di diritti; il mio sindacato, nei primi articoli dello statuto, sottolinea che la protezione economica dei lavoratori va coniugata con la loro emancipazione sociale e culturale”.

Massimo Nutini, ex dirigente di Enti Locali e oggi consulente dell’Anci, osserva: “La formazione obbligatoria sull’inclusione è importantissima; il processo di inclusione o è di tutti gli insegnanti e di tutti gli operatori della scuola (assistenti all’autonomia e alla comunicazione compresi) o non è tale. Nel momento in cui l’inclusione viene delegata ad una persona il rischio è grande”.

Ma, come osserva ancora Iosa, c’è anche un problema di qualità: “Penso che si debbano evitare convegni con 300 persone che vedono slide; si tratta invece di organizzare momenti di ricerca-azione nelle quali si cerca di ripensare cosa vuol dire fare squadra all’interno di pratiche inclusive; e per la verità il fatto che i percorsi riguardino solamente gli insegnanti curricolari mi sembra persino un limite. Bisogna invece pensare a momenti di confronto che coinvolgano tutti, docenti curricolari, docenti di sostegno ma anche educatori e assistenti”.
Vuole dire che potremmo pensare a percorsi di formazione che si intrecciano con la progettazione e la programmazione? Cioè alcune attività che già si svolgono normalmente potrebbero essere considerate attività formative riorganizzandole in modo adeguato?
“Direi proprio di sì – chiarisce Iosa – anche perché io vedo un rischio e cioè che le 25 ore  diventi un corpo estraneo, una escrescenza laterale rispetto al resto del tran tran ordinario”.

“In sede di Osservatorio nazionale – sostiene in proposito Massimo Nutini – abbiamo chiesto al Ministero di ridurre il più possibile le parti prescrittive centralizzate della formazione per dare invece spazio all’autonomia scolastica e quindi alla formazione di gruppi di insegnanti e operatori sui temi della didattica individualizzata di gruppo a partire dai casi specifici; laddove esistono le condizioni si potrebbe pensare a coinvolgere il personale esperto delle ASL come tutor e formatori in modo anche da evitare che il tutto si riduca a qualche bella lezione di bravi docenti universitari”.

Conclude Raffaele Iosa: “Io sono dell’avviso che sia giusto che questa formazione sia obbligatoria e che non possa essere esclusivamente materia contrattuale perché riguarda i diritti costituzionalmente garantiti. D’altra parte che non tutta la formazione sia materia contrattuale è già presente nella nostra scuola la formazione che gli insegnanti fanno sulla sicurezza o sulla privacy”.
Sono del tutto d’accordo con quanto afferma Iosa – aggiunge ancora De Anna – da un lato  c’è un corpo di diritti da tutelare; poi semmai c’è il problema di come gestire la risposta concreta; io però su questo non ho una ricetta anche se penso che questo tema, come tanti altri, dovrebbe appartenere al mondo dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che, non dimentichiamolo, sta anche dentro la Costituzione”.