
Per la Generazione Z sbagliare non è più sinonimo di fallimento, ma di crescita. È quanto emerge da una ricerca condotta da Skuola.net in collaborazione con Tipp-Ex, che ha coinvolto 2.500 studenti delle scuole superiori e dell’università. Circa un giovane su due (42%) considera l’errore una risorsa utile per migliorarsi, mentre solo una minoranza continua a viverlo come un fallimento da evitare.
In particolare, il 32% degli intervistati lo descrive come “frustrante ma utile”, e un altro 10% lo vede come uno stimolo concreto a fare meglio. Tuttavia, il 22% lo associa ancora a un’esperienza negativa e il 9% tende a evitarlo del tutto. Segno che il cambiamento culturale è in atto, ma non ancora pienamente condiviso.
A pesare è soprattutto la difficoltà del mondo adulto a stare al passo: famiglie e scuole restano spesso ancorate a una visione tradizionale dell’errore come colpa. Così, quasi la metà degli studenti (45%) dichiara di sentirsi sotto pressione quando sbaglia, mentre un altro 22% confessa di demotivarsi. Le ragazze sembrano più colpite: 8 su 10 ammettono di provare ansia o disagio, contro il 63% dei ragazzi.
Eppure, segnali di cambiamento ci sono. La cosiddetta “rivoluzione gentile” invocata dalla Gen Z si contrappone alla rigida riforma Gentile di un secolo fa: una nuova idea di scuola che valorizzi tanto l’impegno quanto la capacità di rialzarsi. Al momento, però, solo il 34% degli studenti si sente sostenuto dai docenti dopo un errore, e appena il 29% può contare sul pieno appoggio dei genitori.
La maggioranza (76%) chiede un equilibrio maggiore tra critiche e riconoscimenti, perché anche i successi meritano di essere evidenziati. E, simbolicamente, molti scelgono strumenti come correttori a nastro o gomme, per correggere senza cancellare del tutto: un modo concreto per trasformare l’errore in un nuovo inizio.




