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Gilda: i prof italiani mortificati, ma non rassegnati

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I docenti italiani? Vivono ormai professionalmente nella mortificazione perenne. Però non si rassegnano. È questo il risultato emerso dall’indagine ”Le problematiche dell’insegnamento e percezione di alcune proposte di riforma”, realizzata dalla Swg per la Gilda e presentata il 2 settembre in una conferenza stampa Roma.
Secondo i sindacalisti, quindi, i nostri insegnanti avvertono il peso dei problemi che attanagliano la categoria, primo fra tutti la carenza di risorse, ma non ci stanno ad assistere supinamente alla deriva della loro professione.

La ricerca, condotta su un campione rappresentativo di insegnanti intervistati dal 10 al 26 luglio scorso, rivela pure che nella categoria è forte la convinzione dell’opportunità di separare il contratto degli insegnanti da quello delle altre categorie non docenti che lavorano nella scuola (è favorevole il 56%).
Il problema ritenuto più importante riguarda le scarse risorse (molto importante 78%, abbastanza importante 17%), seguito dalla scarsa importanza sociale di cui gode la categoria (molto importante 71%, abbastanza importante 23%). Al terzo posto della lista nera si colloca il numero eccessivo di alunni per classe (molto importante 70%, abbastanza importante 24%). A pari merito in classifica si posizionano subito dopo il blocco degli scatti di anzianità e l’età troppo elevata per la pensione (66% molto importante, 27% abbastanza importante). Ex aequo anche per altre due note dolenti segnalate dagli insegnanti: gli stipendi troppo bassi (60% molto importante, 33% abbastanza importante) e l’inadeguatezza delle strutture e il degrado degli ambienti (59% molto importante, 34% abbastanza importante).
Per quanto riguarda il nodo della valutazione delle scuole, prevalgono i pareri favorevoli (51%), ma il fronte di chi si oppone non è esiguo (37%). A condividere il principio della valutazione sono soprattutto gli insegnanti della scuola dell’infanzia e di quella secondaria di secondo grado (60% in entrambi i casi). Una possibile spiegazione di questi dati – ha spiegato stamani il coordinatore della Gilda, Rino Di Meglio – potrebbe risiedere nella netta bocciatura inflitta dalla stragrande maggioranza dei docenti all’esperienza dei test Invalsi, giudicati dal 78% degli intervistati indicatori non utili per la valutazione delle scuole che invece per il 46% dovrebbe essere affidata a un organo composto sia da soggetti esterni che interni alla scuola.
Se costretti a scegliere tra Fondo d’istituto e scatti di anzianità, il 69% degli interpellati manterrebbe i secondi mentre l’ipotesi di un aumento delle ore di insegnamento incassa un coro pressoché unanime di no: il 91% afferma che “l’orario professionale dei docenti, comprensivo del lavoro sommerso, è già a tempo pieno e non adeguatamente retribuito”. Per quanto riguarda l’organizzazione della didattica e le funzioni gestionali, il 65% sarebbe favorevole a una proposta di legge tesa a separare i due ambiti attraverso l’istituzione del preside eletto dal collegio dei docenti con incarico a termine.
Ampio (70%) il consenso espresso in merito alla proposta della Gilda di ”ammorbidire” le regole per i pensionamenti degli insegnanti, consentendo di cumulare negli ultimi 5 anni di servizio part-time e metà pensione.
Infine, la proposta, formulata recentemente dal ministro Carrozza, di legare le progressioni di carriera e di retribuzione anche a fattori riguardanti il merito, riducendo quindi la rilevanza del parametro anzianità, è accolta positivamente da poco più della metà degli intervistati (54%), ma 3 su 10 di dichiarano contrari.