
Come accade ogni tanto, ritorna nel mondo della scuola il dibattito sul dress code e sui grembiuli da fare usare agli alunni più piccoli. In una scuola di Palermo la dirigente scolastica ha addirittura lanciato un referendum per scegliere di indossarli o no.
Come riporta La Repubblica, dopo oltre un secolo, due classi di quarta elementare, hanno messo in discussione il regolamento della scuola e la preside ha deciso di far scegliere direttamente agli alunni con un referendum. “Ho ritenuto la proposta e le sue motivazioni legittime — racconta la ds — Ma ho anche sottolineato che cinquanta bambini non possono decidere per tutti, così faremo un vero referendum con tanto di urne, scrutatori e voti per arrivare alla decisione finale”.
A esprimersi saranno tutti i 400 piccoli studenti della scuola, anche chi ancora non ha imparato a leggere e scrivere. “I bambini hanno previsto due tipi di schede, una soltanto con le figure per agevolare i più piccoli — dice uno dei maestri delle due classi che hanno lanciato la proposta alla dirigente — Sono entusiasti e davvero motivati. Stanno lavorando sodo per arrivare al giorno del voto. Faranno tutto loro”.
C’è chi si dedicherà alla grafica delle schede elettorali, chi preparerà le urne di cartone, chi invece le locandine con gli slogan da affiggere nei corridoi per invitare al voto. E stanno preparando con attenzione il testo perché sia davvero chiaro a tutti. “Il regolamento di istituto è la nostra Costituzione. — dice la preside — Così ho spiegato ai bambini che per cambiarlo bisogna affrontare un iter. Abbiamo parlato di come si cambia una legge e di come la loro proposta potesse rappresentare un ’emendamento’ al regolamento vigente”.
La lettera dei bambini
Tutto è partito da una lettera scritta dai bambini di nove anni di due quarte classi. “Abbiamo un po’ di problemi con i grembiuli — hanno scritto nella lettera — Pensiamo che quando fa caldo non li vorremmo mettere. Sono stretti e non ci possiamo muovere. Non dobbiamo per forza essere tutti uguali perché ognuno è diverso. Potremmo usarli nei momenti più essenziali: a mensa, quando curiamo l’orto, quando facciamo lezioni di arte o quando usciamo dalla scuola per essere riconoscibili”.
Così è partita una sperimentazione che le due classi stanno già portando avanti da alcuni giorni, con il grembiule che resta nello zaino per poi essere tirato fuori soltanto in quelle occasioni individuate dai piccoli studenti. “È un compito di realtà davvero importante che educa i bambini alla democrazia partecipata — dice la preside — La scuola, insieme con le altre realtà del quartiere, in questi anni ha costruito una comunità educante e su questa strada continuiamo a muoverci per ogni decisione. I processi partecipativi sono complessi, ma di certo si impara tantissimo provando a trovare mediazioni nella pluralità di espressione”.
Il dibattito
Da questa situazione è nato il dibattito. C’è chi liquida la discussione sostenendo che nella scuola ci sono problemi parecchio più importanti da affrontare. E chi lo considera utile. “Nella mia scuola – spiega un dirigente scolastico – il grembiule non si usa. Ci sono famiglie che non hanno di che vestirsi, non hanno nulla. Altro che grembiule. Abbiamo problemi enormi, il principale è lo spaesamento dei giovani e soprattutto degli adulti. Proviamo ogni giorno a creare ponti. E nel bilancio tra sconfitte e vittorie siamo pari”.
“Da noi – dice una docente – si usa per evitare di fare emergere le differenze sociali. Evitare questo sfoggio anche tra i bambini che vestono con jeans e felpa di marca. Ma il grembiule preserva anche gli abiti dai materiali che utilizziamo durante le attività didattiche: plastilina, pongo, colori. Da noi è nero per maschi e femmine e senza fiocco. Lo facciamo togliere per l’ora di motoria – conclude – o quando i bambini escono all’aperto e sentono caldo”.
“All’infanzia, il grembiule è scomodo per l’attività motoria – dichiara un’altra insegnante – anche se protegge i vestiti e rende tutti i bambini uguali. Più che il grembiule preferisco una tuta, magari di un certo colore come abbiamo fatto in alcune scuole dove ho insegnato”.