Home Alunni I presidi: siamo costretti a chiedere i contributi scolastici

I presidi: siamo costretti a chiedere i contributi scolastici

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Lo stanziamento straordinario di 50 milioni di euro per le spese di funzionamento delle scuole aveva fatto credere alle famiglie degli alunni che sarebbero stati esentati dal pagare, ma un’indagine di Skuola.net rivolta ai dirigenti scolastici dice i contrario: “nuovi finanziamenti sono sicuramente ben accetti, ma in un istituto di medie dimensioni la somma si traduce in 40 euro annui pro alunno, ancora non sufficienti per coprire le spese di funzionamento”. 

 

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La ministra Giannini, interpellato in merito da Skuola.net, precisa di aver preso personalmente la decisione di erogare 50 milioni per l’anno scolastico in corso e chiede ai presidi di non “non usare metodi vessatori nei confronti dei genitori nel chiedere il contributo”. Anche Davide Faraone, sottosegretario all’istruzione, è d’accordo: con l’incremento del Fondo di Funzionamento da 110 milioni a 160 annui, ogni istituto sarebbe passato mediamente dai circa 15.000 euro di cui adesso dispone a quasi 35.000 euro annui. “Finalmente ogni scuola potrà coprire non solo le spese vive, dalla carta igienica ai software per i registri elettronici, ma anche investire nella didattica e nei laboratori”.

E se dalla rocca del Miur tutto pare a posto, sul campo di battaglia delle scuole le cose sono diverse: “il contributo volontario a studente è di 100 euro, circa il doppio di quello che ci fornirebbe il Ministero”, dice un dirigente, a cui fa eco un altro: “briciole, che non sono sufficienti. Ad esempio la mia è una scuola che fa molto, per la classifica di Fondazione Agnelli siamo tra le prime in Italia. Per arrivare a questi risultati bisogna investire tanto e noi spendiamo 160mila euro l’anno in progetti di approfondimento, di sostegno alle difficoltà e alle eccellenze”.

Per molti dirigenti scolastici, intervistati da SKuola.net, è necessario uno stanziamento doppio rispetto a quello attuale, quindi 300 milioni di euro, mentre dal Miur fanno sapere che l’aumento è “sfumato a causa di emergenze del Miur che ha dovuto dirottare l’incremento di fondi altrove”.

Per l’Anp la situazione è disperata: “dopo i tagli alla scuola di 8 miliardi decisi da Tremontile scuole si reggono grazie alla buona volontà delle famiglie che si mettono le mani in tasca. Perciò l’inversione di tendenza nuovo governo è importante ma non basta”.

Morale di questa beffarda favola: le famiglie, se vogliono un minimo di efficienza a scuola devono pagare, non il “pizzo”, ma i servizi essenziale per mandare avanti la baracco, anche se sono soprattutto gli istituti tecnici e professionali quelli più esosi, dove il contributo scolastico può superare anche i 200 euro annui a causa dei costi di mantenimento dei laboratori. E qui la vicenda tocca una vetta di rara ingiustizia: dati alla mano, gli studenti di scuole vengono per la maggior parte da famiglie meno abbienti. Tanto per non cambiare dunque e per confermare che la pioggia cade sempre dove è già bagnato, perché sull’asciutto, in quanto asciutto, non ve ne cade.