
L’Intelligenza Artificiale è ormai una realtà consolidata nelle nostre aule scolastiche. Secondo una ricerca condotta da Skuola.net, su un campione di 2.500 alunni delle scuole superiori, il 51% degli intervistati dichiara di usare una o più risorse basate sull’IA generativa “molto spesso” o “spesso”, un dato quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente (34% nel 2024). Di conseguenza, la percentuale di studenti che non l’ha mai utilizzata si è quasi dimezzata, passando dal 25% al 16%. Questi strumenti, come ChatGPT, sono sempre più diffusi tra gli studenti.
È un errore, tuttavia, pensare che gli studenti usino l’IA solo per copiare. Un’indagine evidenzia che l’uso didattico dell’IA è prevalentemente orientato alla ricerca di informazioni utili per la preparazione di interrogazioni e verifiche (62%). Altre applicazioni comuni includono la produzione di testi (48%), la correzione di scritti o la traduzione di contenuti (quasi 4 studenti su 10). Circa un terzo (33%) la utilizza per personalizzare le tecniche di studio, mentre il 30% per risolvere problemi di matematica. Dal punto di vista degli studenti, come testimonia un rappresentante di istituto, l’IA viene usata quotidianamente e può rappresentare una svolta non tanto per facilitare, ma per permettere di apprendere in modo più veloce. Se usata con criterio, può essere un valore aggiunto che facilita i concetti e aiuta nello studio.
Nonostante le potenzialità, emerge una sfida importante: solo il 18% degli studenti ha ricevuto indicazioni chiare sull’uso dell’IA dalla propria scuola. Questo può favorire un uso passivo dei sistemi di IA. Un rischio evidenziato è che gli studenti, pensando che il lavoro sia finito con l’uso dell’IA, non controllino il risultato, compromettendo la qualità e non sviluppando le competenze necessarie per il futuro universitario e professionale. Riconoscere l’uso dell’IA da parte di un docente è possibile sia conoscendo lo stile espressivo dello studente, sia perché la soluzione fornita dall’IA potrebbe utilizzare metodi non spiegati in classe. L’uso non supervisionato o guidato dall’insegnante può favorire un atteggiamento passivo verso lo studio. Anche se alcuni studenti ricorrono a stratagemmi per usare dispositivi nascosti, un uso dell’IA non accompagnato da studio approfondito può essere facilmente scoperto.
Di fronte a questa realtà, il ruolo del docente diventa sempre più centrale. Per contrastare l’uso indiscriminato o passivo, le verifiche orali assumono maggiore importanza, chiedendo agli studenti di spiegare gli argomenti e commentare le soluzioni. La mancanza di studio attivo emerge rapidamente in questi contesti. Un altro metodo efficace può essere l’inserimento di informazioni volutamente imprecise nei testi delle verifiche: un chatbot, dando la risposta esterna corretta ma errata rispetto al testo, rivelerebbe l’uso di aiuti esterni. È fondamentale guidare gli studenti verso un approccio allo studio ragionato e attivo, mostrando come l’IA possa essere utile se usata in modo costruttivo: ponendo domande mirate, leggendo e capendo le risposte, verificandone la correttezza, o anche creando esercizi aggiuntivi. L’IA deve essere vista come un aiuto o un valore aggiunto, non un sostituto della capacità di pensare e della scrittura personale, altrimenti si rischia di perdere la capacità di scrivere autonomamente. Il valore del docente nel guidare gli studenti è più prezioso che mai.
Un docente: “Ruolo del docente sempre più centrale”
Francesco Amato, docente di Scienze e tecnologie informatiche presso l’Itis Galileo Galilei di Roma, spiega all’Adnkronos/Labitalia che “l’uso passivo dei Sistemi di Intelligenza Artificiale (Ai) da parte degli studenti può essere evitato con la guida del docente”. “La Harvard University – prosegue – ha avviato una sperimentazione che consente agli studenti di un corso introduttivo di Computer Science di usare un’assistente virtuale che li aiuti nello studio senza rivelare loro le risposte complete a un quesito o a un esercizio. Lo studio passivo penso sia sempre esistito e, più recentemente, l’enciclopedia digitale Encarta prima e Wikipedia poi hanno reso sempre più facile copiare una serie di nozioni per portare a termine una ricerca assegnata. Il valore del docente, tuttavia, è sempre stato quello di guidare gli studenti verso un approccio allo studio ragionato e attivo ed il suo ruolo in classe sarà sempre più prezioso”.
“E’ abbastanza facile – ammette – capire quando lo studente usa un sistema di intelligenza artificiale per svolgere i propri compiti sia perché un docente conosce lo stile espressivo di ciascuno dei suoi studenti, sia perché la soluzione a un esercizio proposta da un sistema di IA, sebbene corretta, può essere stata ottenuta attraverso metodi risolutivi non spiegati a lezione”.
Ma come contrastarne l’uso indiscriminato? “Sicuramente – afferma il professore – diventa sempre più centrale il ruolo delle verifiche orali durante le quali gli studenti sono chiamati a spiegare gli argomenti studiati e a commentare le soluzioni proposte dei problemi assegnati. In mancanza di uno studio attivo ragionato fatto a casa, gli studenti non sapranno rispondere, le capacità espressive saranno limitate, e, davanti a un esercizio completamente nuovo, non sapranno né proporre soluzioni originali né tanto meno suggerire strategie risolutive”.
Ci sono però altri metodi. “Un mio collega che insegna Lingua e Cultura Francese, per esempio, durante il compito in classe sulla comprensione del testo, ha inserito informazioni deliberatamente imprecise – fa notare – sulla cultura e la geografia della Francia: la città più a sud era Lille (e non Marsiglia), i famosi castelli si trovavano in Borgogna (e non lungo la Loira) e così via. Nel compito ha poi posto domande inerenti al testo e, se lo studente fosse riuscito a sottoporle ad un chatbot come ChatGpt, questi avrebbe dato la risposta geograficamente corretta, ma errata secondo il testo della verifica. In questo modo il docente è riuscito immediatamente ad individuare gli studenti che hanno ricorso ad un aiuto esterno con un cellulare ben nascosto e ha potuto prendere i provvedimenti del caso”.
“Certo – sottolinea – un sistema di intelligenza artificiale può essere utile se usato in modo costruttivo dallo studente, ponendo ad esempio domande mirate, leggendo (e capendo) le risposte, verificandone la correttezza. Ancora, l’intelligenza artificiale potrebbe aiutare lo studente a creare esercizi aggiuntivi a quelli assegnati dal docente e basati sulle tracce date dal docente stesso (o dal libro di testo) e molti altri validi usi”.
“Con il riconoscimento delle immagini – spiega – adesso è possibile inviare una foto di un testo o una formula, per chiederne un riassunto o la soluzione dell’esercizio e questi strumenti vanno sempre più migliorando. Nel settore dell’intelligenza artificiale si possono identificare due figure: gli addestratori e i valutatori; i primi programmano i sistemi di Ia, i secondi stilano dei test cognitivi per verificarne il livello di preparazione. Man mano che il lavoro degli addestratori porta ad una nuova evoluzione dei sistemi di Ia i test vengono superati a pieni voti ed i valutatori devono pensarne di nuovi; tali test non valutano le emozioni, l’autocoscienza, il libero arbitrio, tutte facoltà che appartengono agli esseri umani. Tuttavia, sul piano cognitivo i sistemi di Ia stanno dimostrando di saper risolvere problemi ed eseguire compiti intellettuali sempre più complessi e se il loro utilizzo non fosse supervisionato o guidato da un docente potrebbe favorire un atteggiamento passivo degli studenti nei confronti dello studio”.
Uno studente: “Tutti usano l’IA per studiare”
Ecco le parole di un 18enne, rappresentante degli studenti all’Its ‘Galileo Galilei’ di Roma: “Tutti – dice – usano l’intelligenza artificiale per motivi di studio e anche per velocizzare i compiti in vista delle verifiche, magari per finire prima e andare a giocare. Personalmente uso l’intelligenza artificiale tutti i giorni per studiare e credo sia una svolta, ma non perché mi facilita, ma perché mi permette di apprendere in modo più veloce. Però ci sono ragazzi che pensano che con l’uso dell’intelligenza artificiale il lavoro da fare sia finito, non controllano ad esempio la scrittura dei testi con una duplice conseguenza negativa. Da una parte si consegna un lavoro fatto male e dall’altra non si impara”.
“Con questo atteggiamento – fa notare – l’intelligenza artificiale non aiuta lo studente nell’apprendimento delle competenze che poi servono per un futuro universitario e professionale. Eppure, si può usare l’intelligenza artificiale in modo positivo e costruttivo per preparare un riassunto accurato che poi mi servirà per un compito in classe o per un orale, anche se non si deve abbandonare la scrittura personale, perché alla lunga si perde la capacità di scrivere autonomamente. Per questo, a mio parere, l’intelligenza artificiale è un aiuto o meglio un valore aggiunto a disposizione di noi studenti che però non va a sostituirsi alla nostra capacità di pensare. Se usata con criterio facilita i concetti appresi durante le spiegazioni aiutando nello studio e quindi alla resa finale dell’interrogazione o della verifica scritta”.
Il ragazzo ammette che “dovendo consegnare il cellulare, un secondo telefono si ha sempre a disposizione e viene nascosto sotto la gamba sperando di non essere beccato dal professore”.
Tutti trucchetti che però servono a poco perché “se l’uso dell’intelligenza artificiale non è accompagnato da uno studio approfondito può essere facilmente ‘scoperto’ dai docenti. A nulla serve poi l’introduzione a scuola dell’uso del tablet. Nel nostro istituto, ad esempio, i dispositivi vengono bloccati che dalle 8 fino alle 13, impedendoci di navigare su determinate applicazioni”.