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Il decreto quota 100 slitta al 18 gennaio, Tfr subito e gli interessi alle banche li pagherà lo Stato

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Slitta di una settimana, a venerdì 18 gennaio, l’approvazione del decreto legge su reddito di cittadinanza e “quota 100” sulle pensioni, atteso invece per il 10 gennaio sul tavolo del Consiglio dei ministri.

Ministri troppo impegnati

Fonti di governo hanno anche spiegato i motivi del ritardo. Ad inizio settimana sarà assente il ministro dell’Economia Giovanni Tria, impegnato a Mosca dal 14 al 16. Il premier Giuseppe Conte volerà in Niger e Ciad il 15 e 16.

Mentre Luigi Di Maio sarà a Washington da lunedì a giovedì. Ecco perché fonti dell’esecutivo definiscono “probabile” che il decreto venga varato non prima di venerdì: quello stesso giorno il M5s potrebbe tenere il suo evento di presentazione del provvedimento in un auditorium romano.

Salvini e Durigon: qualche giorno in più

Ci sono anche conferme in seno al Governo. Sul Consiglio dei ministri che deve approvare il decreto con il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni “è fondamentale non fare errori. Se i tecnici ci dicono ‘dateci qualche giorno in più’, meglio tre giorni in più che fare tutto di corsa”, ha spiegato il ministro dell’Interno Matteo Salvini, a ‘Porta a porta’.

“E’ probabile” che il Cdm per varare il decreto sul reddito di cittadinanza e quota 100 si possa tenere la prossima settimana, ha detto il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, al termine dell’incontro a palazzo Chigi con i rappresentanti del Terzo Settore.

La buonuscita anticipata forse la paga lo Stato

Intanto, giungono buone nuove sull’anticipo del Tfr con prestito bancario senza oneri a carico di chi esce dalla Pubblica amministrazione: da indiscrezioni, confermate dall’Ansa, risulta che i dipendenti pubblici che andranno in pensione potranno incassare subito, e quindi senza differimento, il trattamento di fine rapporto, grazie ad un finanziamento bancario i cui interessi saranno a carico dello Stato.

Il governo punta a questa “soluzione”, che varrebbe per tutti i futuri pensionati pubblici, non solo per chi tra loro uscirà con ‘quota 100’ (62 anni di età e 38 di contributi per andare in pensione anticipata prevista per il triennio 2019-21). E farebbe perno su una convenzione con le banche.

Oggi i lavoratori pubblici che vanno in pensione devono attendere anche più di due anni per avere l’intera liquidazione, che viene rateizzata fino a tre tranche se l’ammontare complessivo supera i 100 mila euro lordi (la seconda e la terza rata vengono pagate dopo 12 e 24 mesi dalla prima).

La ministra Bongiorno: niente mani nelle tasche degli statali

La novità in arrivo, che sovverte quanto detto solo alcuni giorni fa, è stata confermata dal ministro della Pa, Giulia Bongiorno: “Stiamo lavorando con grande determinazione per superare le misure introdotte dai precedenti governi sul differimento e la rateizzazione del Tfr per i dipendenti pubblici”, ha dichiarato la ministra, sottolineando che così facendo “non ci sarà alcuna penalizzazione per chi nei prossimi mesi deciderà di usare ‘quota 100’, ma anche per tutti coloro che andranno in pensione con il sistema attualmente vigente”.

Bongiorno ha però anche detto di volere “trovare una soluzione che consenta, mediante un sistema di finanziamenti bancari, i cui interessi saranno a carico dello Stato, di abbattere i tempi e che possa così far avere ai pensionandi il Tfr al momento della cessazione del lavoro. Tutto questo senza mettere le mani nelle tasche dei dipendenti pubblici”.

La Fornero: poche risorse, piccola riforma

A parlare di quota 100 è stata anche Elsa Fornero, promotrice dell’ultima riforma delle pensioni, che ha parlato a Stasera Italia, su Retequattro.

“Mentre si comprende il bisogno di solidarietà verso chi soffre – ha detto l’ex ministra del Lavoro – è meno comprensibile l’idea di offrire in maniera generalizzata la possibilità di un pensionamento anticipato, con quota 100, oppure ripristinando la famosa anzianità dal 2022. Il che, peraltro, può restare una promessa sulla carta, perché si vedrà se le risorse basteranno”.

“Siccome le risorse non sono molte, effettivamente indirizzarle dove c’è maggiore bisogno aveva un senso sociale e anche di ricompattamento del Paese, ma l’idea di sbandierare il diritto alla pensione dopo 40 anni è pericolosa, perché – ha concluso Fornero – non siamo un Paese ricco di tante risorse e quindi quello che possiamo spendere nella Legge di bilancio dobbiamo spenderlo a ragion veduta”.

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