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Il velo integrale a scuola umilia la donna, sbaglia chi fa indossare il niqab per timore che le ragazze lascino: polemiche in Friuli

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Il velo integrale non è l’espressione di una cultura, ma è lesivo della dignità, della libertà e del rispetto verso le donne”: a sostenerlo è stato l’assessore regionale all’Istruzione e alla formazione di Pordenone, Alessia Rosolen, intervenendo nel dibattito sull’uso del niqab da parte di studentesse all’istituto “Pertini” di Monfalcone.

A questo proposito, l’assessore ha definito “grave”, chiedendo “con urgenza una riflessione prima politica e poi legislativa, l’espressione utilizzata rispetto ai programmi “diversificati” e all’adozione di prassi speciali per evitare che le ragazze straniere abbandonino la scuola. Perché è questo il vero problema che si nasconde sotto al niqab e ai fatti di questi giorni”.

Secondo Rosolen, “il niqab non deve trovare posto nelle nostre scuole che sono luogo di integrazione, confronto e inclusività. Tantomeno deve trovare posto nella nostra società che si basa su dignità e rispetto, su uguali doveri e medesime opportunità”.

L’assessore ha quindi difeso la dirigente scolastica dell’istituto Pertini, perché secondo il suo parere si sarebbe comportata rispettando “le norme ed è sulle norme che bisogna agire, non sugli effetti della loro mancanza, abbandonando le persone alle proprie responsabilità”.

Quindi, Rosolen ha concluso il suo intervento ricordando che “altri Paesi europei, oltre all’Egitto e la Tunisia sono intervenuti sull’uso del velo integrale per motivi di sicurezza, ma anche per rispondere, garantendo diritti a chi frequenta”.

Il riferimento dell’assessore è quanto accade all’istituto superiore Sandro Pertini di Monfalcone, in provincia di Gorizia, dove prima di entrare in classe alle 8, in una stanza appartata la referente alza il velo nero e si sincera che a entrare a scuola sia l’allieva iscritta. La prassi, non codificata, spiega l’Ansa, è stato adottata per cinque studentesse islamiche – molte bengalesi – che per fede indossano il niqab a lezione.

Secondo la dirigente, Carmela Piraino, si tratterebbe di una soluzione non traumatica che garantisce la continuità scolastica ed evita che “le ragazze lascino la scuola” – intorno alla quale si possono agganciare vari spunti di riflessione.

Una decisione che ha portato allo scontro con l’amministrazione leghista del Comune. “Presenteremo con la massima urgenza una mozione e un progetto di legge regionale per vietare l’utilizzo del niqab nei luoghi pubblici, a partire dalle scuole” ha annunciato Marco Dreosto, senatore e segretario Lega Fvg.

Non è solo una questione di sicurezza, puntualizza la Lega della regione, che pure ha il suo peso: si vuole “impedire l’oppressione delle donne, dal momento che moltissime ragazze sono costrette a usare il niqab”.

La passata settimana, la Lega ha presentato una proposta di legge e un’interrogazione al Parlamento europeo sempre sullo stesso tema. Ini particolare, la pdl vieta di indossare indumenti “atti a celare il volto, come nel caso del burqa o del niqab”, “non solo per motivi di ordine pubblico”, ma anche per un principio, costituzionalmente sancito, di “rispetto della dignità della donna”.

Dura la pena: fino a due anni di carcere e una multa fino a 30mila euro oltre che la preclusione dalla richiesta di cittadinanza.

Per il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, la mozione leghista è solo “una delle tante, piccole, inutili polemiche politiche: i problemi non sono qui, sono altri – ha aggiunto – Il problema è parlare di un’immigrazione che oggettivamente serve, soprattutto alle città e che va gestita, regolamentata il meglio possibile”.

Va anche ricordato che lo scorso mese di maggio la Corte europea per i diritti umani, la Cedu, con una sentenza specifica ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre studentesse fiamminghe contro il divieto di indossare il velo in ambiente scolastico ritenendo che l’interdizione non viola il diritto a esprimere liberamene la loro religione: nello specifico, la Cedu ha spiegato che “nella misura in cui il divieto ha lo scopo di proteggere gli alunni da qualsiasi forma di pressione sociale e di proselitismo, è importante garantire che la manifestazione da parte degli studenti della propria fede nei locali della scuola non assuma la natura di un atto ostentativo che possa costituire una fonte di pressione e di esclusione”.

In Italia, intanto, anche in altre regioni le istituzioni locali hanno preso posizione per imporre il divieto per le ragazze minorenni di indossare il velo a scuola: a fine 2024 la Lega della Toscana ha raccolto delle firme per promuovere l’iniziativa ‘In classe con la testa libera’ – è stata presentata il 12 novembre nella sede del Consiglio regionale della Toscana dall’europarlamentare Susanna Ceccardi della Lega, insieme ai consiglieri regionali ed al segretario regionale della Lega, Luca Baroncini.

E solo qualche giorno fa, la Lega lombarda ha presentato una mozione al fine di vietare anche solo il velo, così come il burqa e il nijab, negli edifici pubblici come le scuole.