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In che senso gli insegnanti sarebbero malpagati?

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La lettrice si chiede: in che senso gli insegnanti sarebbero malpagati?

“Caro Beppe, un insegnante delle Superiori con 20 anni di anzianità percepisce 2077 euro lordi al mese (inclusa 13ma), con centinaia di giorni di vacanza e un monte-ore lavorative settimanali che sicuramente non fa 40. Un metalmeccanico di 7a categoria e 20 anni di esperienza (spesso laureato e con ruolo di coordinamento, come un responsabile acquisti, un controller o un ricercatore) prende 2219/mese più superminimo, con 28 giorni di ferie e niente santi patroni, ponti, malattie per torcicollo o raffreddore, chiusure elettorali, eccetera. Il 10% di retribuzione in più, per lavorare (quantitativamente) il doppio. Mi spieghi in che senso gli insegnanti sarebbero malpagati?”

Insomma a confronto con un metalmeccanico i docenti beccano un mare di soldi a fronte del lavoro prestato.

Continua poi la lettrice: “ Inoltre: lo stipendio del metalmeccanico contiene un elemento extra che si chiama “superminimo”, la cui entità dipende da quanto la specifica azienda valorizza lo specifico lavoratore, considerando il suo contributo superiore alla media contrattuale nazionale. Il superminimo può andare da poche decine di euro a un quasi raddoppio dello stipendio per i più bravi. Quando avremo metodi di valutazione (Invalsi, preside … che altro? Si attendono idee geniali) in grado di farci distinguere gli insegnanti dediti e scrupolosi da quelli che pensano solo a portare a casa il minimo sindacale svolgendo il minimo di lavoro, allora potremo premiare economicamente i primi, come fanno le aziende coi metalmeccanici bravi.”

Centinaia di giorni di vacanza. Un monte ore lavorative settimanale irrisorio. Santi patroni, ponti, malattie per torcicollo e raffreddore, chiusure elettorali, nessuna valutazione e lavoro poco, pochissimo.

Questo il ritratto dei professori delineato dalla lettrice del Corriere. Verrebbe da chiedersi come mai, se lavorano così poco in una scuola che è un magico eldorado, gli insegnanti a fine anno sono sfiniti, duramente provati, ai limiti del burn out e bisognosi non di ferie, ma di convalescenza. Forse in questa disamina c’è qualcosa che non quadra?