Home Attualità Indicazioni nazionali 2025: ritorna la “battaglia del latino”?

Indicazioni nazionali 2025: ritorna la “battaglia del latino”?

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A distanza di tre quarti di secolo la questione dell’insegnamento del latino nella scuola media continua ad essere divisiva.
L’idea del ministro Giuseppe Valditara di ripristinarne l’insegnamento fa molto discutere: c’è chi lo vorrebbe rendere obbligatorio, chi invece lo vorrebbe opzionale e chi infine preferirebbe eliminarlo del tutto.
Già ora non mancano scuole in cui il curricolo di istituto lo prevede come corso facoltativo ma è evidente che inserire un riferimento esplicito nel testo delle nuove Indicazioni darebbe maggior rilievo all’insegnamento della lingua di Cesare e di Cicerone.

Va detto che il dibattito latino sì/latino no risale addirittura alla fase della Costituente (1946-47) quando si discuteva dell’obbligo scolastico. I due schieramenti dominanti in quel momento (cattolici e socialisti-comunisti) si trovavano d’accordo sulla questione dell’obbligo ma si divisero proprio sull’insegnamento del latino: per i cattolici il latino doveva rimanere nei programmi, mentre per il fronte laico sarebbe stato opportuno cancellarlo per evitare che diventasse strumento di selezione nei confronti dei ragazzi delle classi sociali più modeste.
Posizione che però non era del tutto condivisa all’interno del Partito Comunista: Concetto Marchesi, per esempio, era convinto che era necessario lasciare il latino nei programmi anche per consentire ai meno abbienti di confrontarsi con la cultura classica.
Verso la fine degli anni ’50 il dibattito proseguì ininterrottamente fino a quando nel 1959, l’allora Ministro dell’Istruzione Aldo Moro, con una propria circolare, modificò l’esame finale di terza media eliminando la prova scritta di traduzione dall’italiano al latino e lasciando solo quella dal latino all’italiano: si trattava di una “apertura” nei confronti di socialisti e comunisti.
Sempre in quell’anno Aldo Moro presentò un disegno di legge che prevedeva l’istruzione obbligatoria ed effettivamente gratuita da 6 a 14 anni, la suddivisione della scuola dell’obbligo in due corsi, uno elementare e uno medio uguale per tutti.
I tempi, insomma, sembravano ormai maturi, ma nel 1960 tutto si complicò a causa del Governo Tambroni, monocolore democristiano appoggiato dal Movimento Sociale e quasi subito travolto dalle proteste di piazza.
A fine luglio entrò in carica il terzo Governo Fanfani, ancora un monocolore democristiano ma appoggiato questa volta da socialdemocratici, repubblicani e liberali.
Aldo Moro, da sempre convinto sostenitore della linea del compromesso con socialisti e comunisti riprese a lavorare sulla sua ipotesi di riforma; il ’61 e il ’62 furono i due anni della “battaglia del latino” (così i giornali dell’epoca definirono lo scontro politico e culturale che si andava sviluppando).
Alla fine vince la linea di Aldo Moro, la legge viene approvata pochi giorni prima di Natale quando il Ministro è il democristiano Luigi Gui. Il latino rimane, ma solo come materia facoltativa in modo da consentire a chi voglia poi iscriversi ad un liceo di possedere almeno i rudimenti della lingua di Cesare e Cicerone.

La legge viene votata dai partiti di Governo e dal Partito Socialista; il PCI e la destra (Monarchici e Missini), seppure per motivi diametralmente opposti, votano contro.
Nel 1979 arrivano i nuovi Programmi della scuola media e il latino viene eliminato definitivamente.

A partire dai primi anni di questo secolo, grazie alle norme sulla autonomia scolastica, diverse scuole hanno deciso di inserire nel proprio POF corsi facoltativi destinati soprattutto agli studenti intenzionati a iscriversi ai licei.
Ma adesso, con le Nuove Indicazioni 2025 il dibattito potrebbe riaprirsi anche se non con gli stessi toni accesi e infuocati di inizio anni sessanta quando anche sui giornali e in televisione si parlava di una vera e propria “battaglia”.