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Infanzia povera e la scuola non riesce a contenere la dispersione e a rafforzare le competenze

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Povertà e deprivazione per bambini e adolescenti: cibo al discount, pochi o nessun libro, scuola solo la mattina senza neanche un’ora in più per attività di svago e socializzazione, e poi a casa, in uno spazio piccolo e soffocante, nient’altro da fare nel tempo libero perché non ci sono soldi e gli aiuti che arrivano dai servizi sociali se ci sono, sono pochi, perché il Comune è in default. Il resoconto è dell’Ansa
Dal 2007 al 2012 i minori in povertà assoluta, che non possono permettersi molti beni essenziali, sono più che raddoppiati, passando da meno di 500 mila a più di un milione. Solo nel 2012, il loro numero è cresciuto del 30% rispetto all’anno precedente, con un vero e proprio boom al Nord (+ 166 mila minori, per un incremento del 43% rispetto al 2011) e al Centro (+41%). Il Sud già fortemente impoverito ha conosciuto un aumento statisticamente più contenuto (+20%), ma ha raggiunto la quota “stratosferica” di mezzo milione di minori nella trappola della povertà.
E’ in condizione di povertà assoluta una coppia con bambino fino a tre anni se può spendere mensilmente una quota pari o inferiore a 1.252 euro, e risieda in un’area metropolitana del Nord, 880 euro se risiede in un piccolo comune del Sud. Allo stesso modo è povera in senso assoluto una coppia con due figli adolescenti con una spesa mensile di 1.312 euro in una metropoli del Sud e di 1.455 euro in un piccolo comune del Centro. Sottolinea Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia: “Oltre un milione di minori sono in povertà assoluta, in contesti segnati da disagio abitativo, alti livelli di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile alle stelle. Un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio, ci dice una cosa semplice: la febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più, serve una cura forte e strutturata”.
Negli ultimi cinque anni gli italiani hanno tagliato le spese di 138 euro: tra il 2017 e il 2012 le famiglie con almeno un bambino hanno ridotto del 4,6% il proprio bilancio. La tendenza si aggrava se nel 2012 due famiglie su tre con figli – ovvero ben 4 milioni 400 mila nuclei familiari – hanno ridotto la qualità/quantità della spesa per almeno un genere alimentare. Se il budget per l’alimentazione nel complesso ha avuto una riduzione modesta a livello nazionale, di circa 3 euro, al Sud invece la spesa media alimentare è scesa del 5,8%.
Le famiglie disagiate possono destinare in media 11 euro al mese ai libri e alla scuola (venti volte meno di quello che spendono le famiglie più ricche); 23 euro al mese è la cifra destinata al tempo libero, alla cultura e ai giochi, a fronte dei 360 euro delle famiglie più abbienti. Il report racconta un paese “ribaltato” tra disoccupazione, calo dei consumi, default del welfare e denatalità, “diseguale” nella saluta e nelle possibilità educative. Nell’Italia delle emergenze e dei disagi abitativi, l’incertezza va di pari passo con la precarietà di molte sistemazioni, 1 milione e 344 mila tra bambini e ragazzi, il 12% della popolazione di riferimento, vive in situazioni di particolare disagio – sovraffollamento, alloggi privi di alcuni servizi e con problemi strutturali – con un incremento del 25% rispetto al 2007.
Questo anche perchè l’Italia occupa le ultime posizioni della classifica europea in quanto a presenza di case popolari e alloggi sociali.
L’ong ricorda come l’Organizzazione mondiale della Sanità da tempo evidenzi la stretta relazione tra le condizioni sociali ed economiche dei genitori e le condizioni di salute dei bambini, non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche nei paesi più ricchi. Un’indice di questo fenomeno lo vedremo nel sorriso dei futuri adulti: il pericolo denti storti riguarda quasi 2 milioni di bambini e ragazzi italiani. Un bambino su tre non può permettersi l’apparecchio in un paese nel quale il 90-95% dell’assistenza odontoiatrica è garantita da studi privati, e le richieste al servizio sanitario sono aumentate del 20% e le liste di attesa si sono allungate all’inverosimile.
“La traccia più profonda e significativa della recessione in atto è il calo della fertilità”, dice ancora l’ong, in base ai dati Eurostat: la crisi delle culle si è fatta sentire anche in Italia nella misura del 7,4%, interrompendo la lenta ma costante ripresa che aveva caratterizzato l’ultimo decennio, quando dai 515 mila nati del 1998 eravamo giunti ai 576 mila del 2008, grazie soprattutto al contributo delle madri straniere.
L’altro aspetto del fenomeno sono le madri teenager: nel 2011 si annoveravano 6.500 madri tra i 18 e 19 anni e poco più di 2 mila mamme minorenni, il 62% delle quali concentrato in Sud e Isole.
Il rapporto analizza anche la crisi del welfare: oltre 650 mila i minori che vivono in comuni completamente falliti (72) o sull’orlo della bancarotta (52). Amministrazioni costrette ad alzare al massimo le tasse per le prestazioni fondamentali o anche a ridurre alcuni servizi cruciali. Per la prima volta dal 2004, nel 2011-2012 sono calati (-0,5%) i bambini iscritti agli asili comunali.
La scuola “fa più fatica ad attrarre e trattenere gli studenti più disagiati, impedendone la dispersione e il rafforzamento delle competenze”.
Dal 2007 al 2012, i cosiddetti early school leavers fermi alla sola licenza media hanno preso a scendere al ritmo più lento, sono lo 17,6%: un esercito di 758 mila giovani con bassi titoli di studio e fuori dal circuito formativo: 5 punti percentuali in più della media europea. Ragazzi che spesso vanno ad accrescere il numero di disoccupati che, nel luglio 2013, hanno raggiunto la cifra record di oltre un milione di under 30.