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Insegnare la calligrafia e la storia con i racconti: pratiche didattiche ben documentate da vecchi quaderni e libri di testo

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L’interesse nei confronti di pratiche didattiche che apparivano desuete sta ritornando.
I casi della calligrafia, della “narrazione” in ambito storico o della cura (e anche della pulizia) degli spazi scolastici da parte degli stessi alunni ne sono un esempio.
Ma da dove arrivano queste pratiche?
Da qualche decennio, per avere dati da cui partire, gli studiosi di storia della scuola e dell’educazione hanno deciso di rivalutare l’importanza dei libri di testo e dei quaderni di scuola che vengono ormai considerati una fonte di primaria importanza per la ricostruzione della storia scolastica e dei metodi di insegnamento.

Questo interesse è legato anche, e soprattutto, alla attenzione sempre più  profonda nei confronti della “cultura materiale” della scuola che mira a ricostruire la vita reale e quotidiana all’interno delle aule.

D’altronde gli storici sono sempre più convinti che questi materiali rappresentino anche un importante veicolo di propaganda ideologica e permettono di verificare la reale incidenza di tali ideali sulle coscienze e sul vissuto personale degli allievi, attraverso i testi, i temi, i dettati, disegni.

Alcuni anni fa, per esempio, la professoressa Maria Cristina Morandini era riuscita ad esaminare un archivio ricchissimo di materiali, il fondo della scuola elementare Parini di Torino, custodito presso il Museo della scuola di Torino.
Dalla analisi condotta ne aveva ricavato un saggio che ancora adesso rappresenta un esempio straordinario di ricerca storica basata sulla cultura materiale.
Il risultato di quel lavoro è contenuto in un ampio saggio dal titolo «I quaderni di epoca fascista veicolo di propaganda ideologica e strumento didattico: il fondo della scuola elementare Parini di Torino (1938-1942)» riportato nella rivista Historia y Memoria de la Educación 10 (2019): 381-406.

Libri e quaderni di quei 5 anni (probabilmente i più drammatici del Ventennio, perché legati alle leggi razziali e alla entrata in guerra dell’Italia) permettono di desumere quali materie venivano insegnate e con quali argomenti specifici, come l’italiano (diari, temi), la calligrafia, l’aritmetica, la geometria, la grammatica, la storia, la geografia, le scienze naturali, la ginnastica, il canto e la religione.
Curiosamente, all’epoca, gli alunni avevano fra gli altri persino un quaderno dedicato appositamente alla calligrafia

dall’archivio del Museo della Scuola di Torino, come riportato nel saggio della professoressa Morandini

Ma mettono in evidenza anche modalità d’insegnamento e di correzione degli errori: gli insegnanti insegnavano e correggevano gli elaborati, inclusa l’evidenziazione degli errori ortografici, di sintassi e punteggiatura, e intervenivano sull’uso di termini inappropriati e con l’aggiunta di elementi alla frase.

E mostrano ovviamente i criteri di valutazione del profitto, dalla scala di valutazione utilizzata (da scarso a lodevole) ai commenti specifici del maestro, che spesso includevano esortazioni a migliorare la calligrafia, approfondire il contenuto, o evitare ripetizioni.