
Parlando ai Militari di tutto il mondo, convocati a Roma per il Giubileo, Papa Francesco, commentando il brano evangelico della “pesca miracolosa” ha sintetizzato la missione delle Forze Armate in tre verbi: vedere, salire, sedersi.
“Vedere, perché siete chiamati ad avere uno sguardo attento, che sa cogliere le minacce al bene comune, i pericoli che incombono sulla vita dei cittadini, i rischi ambientali, sociali e politici cui siamo esposti. Salire, perché le vostre divise, la disciplina che vi ha forgiato, il coraggio che vi contraddistingue, il giuramento che avete fatto, sono tutte cose che vi ricordano quanto sia importante non soltanto vedere il male per denunciarlo, ma anche salire sulla barca in tempesta e impegnarsi perché non faccia naufragio, con una missione al servizio del bene, della libertà, e della giustizia”. “E infine sedervi, perché il vostro essere presenti nelle nostre città e nei nostri quartieri, il vostro stare sempre dalla parte della legalità e dalla parte dei più deboli, diventa per tutti noi un insegnamento”.
Altrettanti verbi di azione sintetizzano l’azione del docente educatore: guardare, osservare, insegnare e poi ancora accompagnare, accudire, prendersi cura, guidare gli studenti nel cammino di formazione.
Ognuno di questi verbi descrive un particolare aspetto della vita scolastica e professionale.
La regola pedagogica: “saper guardare tutti e osservare ciascuno” è già una sintesi dell’azione educativa che traccia il passaggio dal semplice “guardare” la classe , controllare l’ordine apparente e la regolarità dello svolgimento delle lezioni, all’osservare ciascuno, e quindi percepire i bisogni degli studenti, leggere le loro soddisfazioni e scorgere nei loro volti le delusioni e le sofferenze, il loro scoraggiamento, la frustrazione di essere come quei pescatori “che hanno lavorato per tutta la notte senza prendere nulla e di avere il cuore vuoto proprio come quelle reti che stringono tra le mani”.
Lo sguardo attento dell’educatore incrocia ora occhi attenti, desiderosi di apprendere, ora sguardi distratti, espressioni di tristezze e di angosce anche per problemi familiari, la gestualità e il linguaggio non verbale, a volte è più eloquente, ma è necessario saper “osservare”, leggere e interpretare.
Il verbo “salire” per il docente descrive il faticoso cammino fatto prima di conseguire la nomina in ruolo, le nomine per supplenze, gli incarichi annuali, le sedi disagiate e poi si giunge al “sedere in cattedra”, immagine oggi metaforica rilegata alla cattedra delle aule universitarie che custodiscono ancora gli arredi del tempo passato.
La domanda “Perché si dice salire in cattedra?” trova la risposta in un fatto storico, essendo stata realizzata esclusivamente con materiale di recupero dagli studenti dell’Ateneo per dare la possibilità a Galileo di salire su dei gradini per essere visto da tutti durante le lezioni.
Oggi il docente non ha necessità della cattedra, con il suo computer guida, controlla verifica l’esito di apprendimento della lezione in tempo reale.
La lezione interattiva, che sostituisce quella frontale, coinvolge il docente nell’essere accanto agli studenti e girare tra i banchi.
Il verbo che qualifica l’azione educativa è quella dell’insegnare, cose vere, utili e buone, tracciare e lasciare un segno ricco di nove conoscenze, di metodi, di esemplarità di vita e di valori e, quindi, mettere a dimora dei semi che nel tempo daranno buoni frutti.
Il bravo insegnante, professionista dell’educazione, crede ciò che fa e si impegna a farlo nel modo migliore e per il bene dei suoi studenti, si prende cura degli alunni affidati, li segue, li stimola, li accompagna lungo il percorso formativo, li aiuta a mettere in azione le potenzialità di ciascuno, ne valorizza i talenti e si impegna a “non perdere nessuno di quelli che gli sono stati affidati”.
Quando la relazione educativa con gli studenti è stata positiva e l’interazione docente-studente ha prodotto efficaci competenze, il ricordo del docente rimane impresso nella memoria, essendo stato capace di “lasciare un segno” e la memoria dei “bravi maestri”, e dei “buoni insegnamenti” accompagna tutti nel cammino della vita. Ne dà testimonianza anche Giovanni Verga, il quale nel suo studio aveva il ritratto del suo maestro e si ispirava agli insegnamenti appresi.