Home Didattica L’analfabetismo musicale non è la pratica di uno strumento

L’analfabetismo musicale non è la pratica di uno strumento

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Assente l’insegnamento della musica nella scuola secondaria di secondo grado, ad eccezione dei licei ad indirizzo musicale, dove però ancora regna incertezza normativa e direttive contraddittorie e confuse,  l’Italia è un paese che ha sempre prodotto direttori d’orchestra, compositori, cantanti e musicisti considerati eccellenze mondiali, ma ciononostante in Italia vi è un diffuso analfabetismo musicale.

La conseguenza, scrive Bellia, è che se da un lato le sale da concerto e i teatri hanno sempre più difficoltà a riempirsi, dall’altro è facile che persone mediamente colte ammettano candidamente di non riconoscere neppure i più grandi e famosi capolavori musicali. Inoltre, tarda a sradicarsi la convinzione che conoscere la musica riguardi soltanto il saper fare musica, cioè suonare uno strumento.

La conoscenza della musica include anche il sapere musicale che riguarda la comprensione della struttura di un brano, del contesto culturale in cui è stato composto e la sua funzione da porre in connessione con gli altri saperi, dalla letteratura alla storia, dalla filosofia alla storia dell’arte e perfino con la matematica.

Per comprendere la musica è necessario ascoltarla e non solo eseguirla, come ha sottolineato Nicola Piovani per il quale l’educazione musicale nelle scuole può passare, sì, per lo studio di uno strumento, “ma dovrebbe incentrarsi fondamentalmente sull’abitudine all’ascolto: saper ascoltare è il punto di partenza imprescindibile per qualsiasi attività, e in special modo per la musica”.

Occorre dunque che la scuola promuova accanto alla pratica anche la comprensione dell’opera musicale attraverso l’ascolto, allo scopo di creare un bagaglio culturale generale e in connessione con le diverse aree del sapere per costruire una passione, un interesse per la musica che duri tutta la vita e che sia parte di un sapere fondante della formazione culturale del cittadino

L’insegnamento della musica, scrive appassionatamente Bellia,  deve tendere non soltanto all’esclusivo scopo di formare nuovi esecutori, compositori, critici e musicologi. La musica viene eseguita per essere ascoltata: abbiamo bisogno allora di formare spettatori, ascoltatori, pubblico per i concerti e persone che, pur svolgendo un’attività diversa da quella del musicista professionista, sappiano distinguere una buona musica, scegliendo se e quando preferire brani complessi di musica d’arte o più semplici e selezionando consapevolmente l’ascolto nella pluralità di funzioni e generi musicali presenti nella società contemporanea. 

L’obiettivo finale dell’educazione musicale nelle scuole è dunque mettere tutti in grado di conoscere il patrimonio musicale, fornendo agli studenti gli strumenti dell’arte dell’ascolto che consentano loro di cogliere quei nessi che soprattutto in Italia, luogo di scambio, di incontro e di contaminazione, mettono più che altrove in stretta relazione il contesto culturale e artistico con la produzione musicale e il paesaggio sonoro.