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L’apprendistato: le differenze con la Germania

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La riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero ha rilanciato il contratto di apprendistato come canale privilegiato d’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, sul modello dei successi conseguiti dalla Germania. Qui infatti c’è il più basso di disoccupazione per la fascia d’età 15-24 anni (8,1 per cento contro il 35,3 per cento dell’Italia), uno dei più bassi per quella compresa fra i 25 e i 64 (5,2 per cento contro 9 per cento) e che coinvolge annualmente più di 1,5 milioni di persone.
In Germania vi è un solo tipo di apprendistato – alternanza scuola/lavoro – mentre in Italia ne esistono tre:
1)per la qualifica e per il diploma professionale,
2)professionalizzante o contratto di mestiere
3)di alta formazione e ricerca.
Il primo tipo è simile all’apprendistato tedesco, gli ultimi due presentano tre rilevanti differenze.
In Germania l’apprendistato si rivolge a studenti di età non inferiore ai 15 anni dei licei e degli istituti professionali. In Italia, invece, l’età dell’apprendista al momento della stipulazione del contratto deve essere compresa tra 15 e 25 anni nell’apprendistato per qualifica e diploma professionale e tra 18 e 29 in quello professionalizzante e di alta formazione.
La seconda differenza riguarda il livello di istruzione dei lavoratori. L’apprendistato tedesco si rivolge agli studenti della scuola secondaria e preclude l’accesso all’università: una volta conclusa l’esperienza di formazione/lavoro, infatti, è possibile proseguire l’istruzione terziaria solo nelle Fachhochschule (scuole professionali avanzate), ma non nelle università.
In Italia, invece, gli apprendistati professionalizzante e di alta formazione possono interessare anche laureati e dottorandi, soggetti caratterizzati da un elevato livello di istruzione.
La terza differenza, che consegue dalle prime due, riguarda il tipo di professionalità formate: in Germania interessa prevalentemente i lavori manuali mentre in Italia spazia da quelli manuali a quelli di concetto.
L’apprendistato è certamente utile se si vuole integrare in azienda la formazione teorica ricevuta da un giovane negli istituti scolastici, facendogli acquisire le professionalità necessarie in vista di una potenziale assunzione.
In Italia, l’istituto dell’apprendistato viene esteso, nella seconda e terza tipologia, anche a persone adulte e laureate, magari formate con percorsi scolastico-universitari, ma non qualificate professionalmente. L’azienda, però, dovrebbe integrare – e non sostituire – la preparazione ricevuta nell’ambito del sistema scolastico-universitario. In altre parole, la formazione on the job dovrebbe focalizzarsi sugli aspetti pratici che non è possibile apprendere in aula.
La necessità di ricorrere all’apprendistato per persone adulte, istruite ma non formate, è motivata anche dalla progressiva sparizione delle scuole professionali e dall’inadeguatezza del sistema universitario. Le imprese, pertanto, devono farsi carico non solo del cosiddetto addestramento professionale, ovvero di quelle abilità che consentono di mettere in pratica quanto appreso in via teorica nei percorsi di studio, ma nella predominanza dei casi devono costruire ex-novo competenze e sviluppare capacità che i percorsi scolastici e universitari trascurano.
La situazione è aggravata dalla totale assenza di orientamento durante gli studi. Occorre, quindi, anche ripensare il sistema educativo e dell’orientamento, lasciando alle imprese il compito di integrare quelle competenze che consentono poi la piena qualifica professionale, anche ai fini contrattuali, dei giovani apprendisti.
Le economie avanzate, inoltre, da anni stanno orientando la produzione verso il terziario in cui il peso della manualità si sta progressivamente riducendo. Ciò induce a pensare che siano necessari (anche) altri strumenti di formazione e di raccordo tra sistema educativo e mondo del lavoro.
La riforma Fornero, purtroppo, invece di ridurre i costi dei contratti standard, ha incrementato quelli dei contratti flessibili e dello stesso contratto di apprendistato. Per ottenere risultati occupazionali significativi occorre, da un lato, perseguire con tenacia la strada della semplificazione dell’apprendistato per tutte le tipologie e, dall’altro, affiancarvi l’impegno alla riduzione degli eccessivi oneri burocratici e fiscali che ancora gravano sul lavoro. Il tutto senza perdere di vista l’obiettivo di una profonda e condivisa riforma del sistema educativo.