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La decadenza della lingua

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Spesso e volentieri si bacchettano gli studenti per la loro ignoranza e i loro errori … ma non dimentichiamo che anche chi sta “dall’altra parte” altrettanto spesso e altrettanto volentieri di errori ne commette.
Già per il solo uso della lingua italiana laureati vari, giornalisti, docenti, rappresentanti delle istituzioni dovrebbero tornare sui banchi delle elementari.
Esempi? Abbondano.
Dai frequentissimi strafalcioni nel mancato uso della consecutio temporum, stile “credevo che era”, “vorrei che ne parliamo” (chiccha del ministro D’Onofrio quando era al dicastero dell’istruzione) e simili alla classica errata costruzione della frase con “non è che” con l’indicativo in luogo del corretto congiuntivo, al frequentissimo “requisiti richiesti”, grossolana tautologia perché “requisito” viene dal supino “requisitum” del verbo “requiro”, che significa “richiedere” (è come dire “i richiesti richiesti”), a cose più fini tipo “lì” per indicare una data, dove tantissimi sono convinti che “lì” sia l’avverbio di luogo mentre invece è una forma antica dell’articolo determinativo plurale e va scritto senza accento.
Questi ed altri vergognosi errori li ho visti commettere in ambito universitario e in documenti del Ministero della Pubblica (D)Istruzione!
Proprio vero – come diceva lo scrittore messicano Octavio Paz – che un popolo comincia a decadere quanto comincia a decadere la sua lingua.

Daniele Orla