Home Attualità La dislessia è una “malattia”? Quando il salotto televisivo fa disinformazione

La dislessia è una “malattia”? Quando il salotto televisivo fa disinformazione

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Sulla dislessia continuano a prevalere pregiudizi e luoghi comuni. Anche nei salotti televisivi, davanti a milioni di persone. Stavolta è bastata un’ammissione di Akash Kumar: “sono dislessico e non so parlare”, ha detto il modello, diventato un personaggio pubblico con le partecipazioni all’Isola dei Famosi e a Ballando con le Stelle.

“La dislessia è una malattia seria”

Alle parole di Akash occhi di ghiaccio ha fatto seguito la replica di Barbara D’Urso: durante la trasmissione Pomeriggio Cinque la conduttrice è detto che Akash “potrebbe curare la sua dislessia”, pur ammettendo che sulla materia non capisce nulla.

Il giornalista Francesco Fredella ha quindi commentato le parole del modello di Nuova Delhi sostenendo che “la dislessia è una malattia seria”. Un altro ospite si è limitato a dire che il modello indiano ha dei “difetti”.  

Le proteste dei lettori: la dislessia non si cura

Le espressioni hanno indignato alcuni lettori. Alexandra Senise la mamma di una ragazza dislessica di 17 anni, Sofia Erzel, autrice a 15 anni del libro “DSA tu sai come comportarti?”, si è detta “dispiaciuta per ciò che è accaduto” durante la trasmissione della “signora d’Urso”.

La donna ha ricordato che “i disturbi specifici dell’apprendimento sono semplicemente una diversità di percorso per raggiungere gli stessi obiettivi, hanno un quoziente intellettivo quasi sempre superiore alla media e sicuramente hanno qualcosa in più e non qualcosa in meno”.

Perché, ha concluso, “una malattia si cura, ma la dislessia non si cura in quanto ci si nasce e ci si muore, ognuno deve trovare la propria strada ed i propri strumenti per raggiungere i propri obiettivi”.

Trovare le chiavi di accesso

In effetti, sulle difficoltà di calcolo, come sulla lettura lenta e la disortografia – i tratti tipici del dislessico – c’è ancora tanto da comprendere.

Sono tappe fondamentali la presa di coscienza del problema, con il supporto di esperti, l’individuazione degli strumenti da mettere a disposizione del dislessico, con il ruolo delle famiglie e degli insegnanti che diventa fondamentale per individuare le chiavi di accesso anche al percorso di studio più adatto.

Abbiamo esempi di studenti con dislessia che proprio grazie all’individuazione di queste chiavi di interpretazione sono riusciti a raggiungere la laurea, addirittura in discipline “pesanti” come la Matematica.

L’esperta: alla base disfunzioni neurobiologiche

Ma cosa è la dislessia? Riportiamo una definizione, rilasciata recentemente dalla dottoressa Alessandra Luci, psicologa, psicoterapeuta, D.U. in Logopedia, durante un’intervista alla Tecnica della Scuola: secondo quanto specificato anche nella Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità, ne giugno del 2011, la dislessia, come la disgrafia, è un disturbo specifico dell’apprendimento, alla cui base vi sono delle disfunzioni neurobiologiche, quindi specifiche, che coinvolgono uno specifico dominio di abilità lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale, e che riguardano l’apprendimento.

Conseguentemente, i disturbi si manifestano con l’inizio della scolarizzazione e sono diagnosticabili una volta terminato il normale processo di insegnamento delle abilità di lettura e scrittura, quindi al termine della classe seconda primaria.

Nello specifico, la dislessia è un disturbo nella lettura, intesa come abilità di decodifica del testo: minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione ricevuta.

Disturbi cronici, ma si può fare molto

Sempre la dottoressa Luci ha ribadito che “dislessia e disgrafia sono disturbi cronici, quindi non si risolvono nel tempo, ma la loro espressività si modifica in relazione all’età e alle richieste ambientali: si manifestano, cioè, con caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva, delle fasi di apprendimento scolastico ed anche in funzione della complessità ortografica della lingua scritta oggetto di apprendimento”.

Malgrado la cronicità della dislessia, per i bambini con questi disturbi si può fare molto. Le prassi pedagogico-didattiche possono modificare l’espressività del disturbo e questo è il motivo per cui nelle “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento” allegate al Decreto Ministeriale 12 luglio 2011, il ministero dell’Istruzione ha fornito specifiche indicazioni sul metodo di insegnamento e apprendimento della letto-scrittura da utilizzare con alunni e studenti con Dsa.

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