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La legge di stabilità rende instabile l’equilibrio precario della scuola pubblica

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Il Governo si rende disponibile per avviare un confronto parlamentare volto a modificare, a saldi invariati, la contestata legge di stabilità.
Il Ministro promette di prendere in esame gli emendamenti del parlamento a patto che vengano rispettati i vincoli di copertura.
Cala un silenzio politico preoccupante sul fronte dei provvedimenti che riguarderebbero l’aumento delle sei ore di servizio settimanale dei docenti della scuola secondaria a parità di retribuzione.
Non c’è ancora traccia di emendamenti che scongiurino concretamente e definitivamente questa iattura professionale indirizzata contro oltre 300mila docenti.
Mentre le proposte alternative relative all’abrogazione del comma 42 dell’art.3 della legge di stabilità tardano ad arrivare, invece sembrerebbe consolidarsi una convinta ed utile unitarietà sindacale. Questa legge di stabilità rende fortemente instabile l’equilibrio precario della scuola pubblica.
Bisogna dire che questo provvedimento, arriva dopo molti altri che hanno indebolito la scuola sia dal punto di vista finanziario che di risorse umane. Questo ulteriore aggravio di lavoro, fatto sulle spalle di chi dedica settimanalmente già oltre le 24 ore contrattuali di servizio, non potrà produrre effetti benefici per la scuola, ma al contrario produrrà un abbassamento dello standard qualitativo della funzione docente.
Per la tipologia di lavoro che svolge un docente, il massimo di carico di lavoro sostenibile per un efficace didattica, volta a garantire il successo formativo degli alunni, è quello già in vigore con l’attuale contratto.
È importante comprendere che il contratto collettivo nazionale di lavoro, pattuito tra i sindacati e amministrazione, non è una carta dei privilegi del personale scolastico, ma bensì un patto di responsabilità che lega, attraverso regole trasparenti e chiare, il lavoratore ai suoi doveri, richiamando anche i propri diritti. Stracciare unilateralmente questa carta, significa rendere instabile quell’equilibrio delle regole pattuite per il miglior funzionamento del servizio pubblico. Troppo spesso abbiamo assistito in questi ultimi anni ad un’ invasione sistematica delle leggi dello Stato sui patti contrattuali, annullandoli in modo perentorio ed unilaterale. 
Questo significa che il rigore della legge ha una supremazia sull’equità contrattuale, scardinando d’imperio l’equilibrio dettato dalla norma contrattuale. In buona sostanza i vincoli di legge sono posizionati, così come accade nell’equilibrio instabile di un corpo in fisica, in modo tale che spostate le posizioni di equilibrio di tale corpo, esso tende ad allontanarvisi ancora di più. Con questo vogliamo dire che se si rompe il giusto equilibrio, poi tornare al punto di partenza sarà impossibile. 
Per tali ragioni il mondo della scuola aspetta con ansia le alternative a quella norma sull’aumento dei carichi di lavoro dei docenti a stipendio invariato, in modo di recuperare quell’equilibrio stabile che sarebbe più consono alla legge di stabilità che il Parlamento dovrà approvare entro la fine di questo anno.